mercoledì 13 luglio 2016

Analisi di tre giorni pieni

La tre-giorni oculistica è purtroppo finita.
Più di 600 persone sono state visitate in questo "free camp", ma purtroppo oggi centinaia di pazienti ancora non operati se ne sono andati piangendo, quando il team oculistico ha detto che non avrebbe più potuto continuare perchè domani devono tornare al Tenwek Hospital che li aveva distaccati solo per questi tre giorni.
Per il numero di persone ancora in attesa non sarebbe probabilmente bastata neppure una settimana intera.
Devo essere onesto e dire che il fatto di non aver operato tutti mi ha fatto stare molto male, anche se il numero degli interventi è stato comunque impressionanti: 65 operazioni di cataratta in tre giorni.
Questa sera il team oculistico ha già caricato tutto sulle loro macchine; domattina faranno la visita di controllo agli 11 operati di oggi, e poi ci lasceranno.




Ci hanno promesso che torneranno ancora in futuro, visto il numero incredibile di pazienti che hanno trovato a Chaaria...ma non sanno dirci quando!!!
Passeranno mesi...forse più di un anno, in quanto essi girano per tutto il Kenya rurale...e chissà quando saranno nuovamente nel Meru!
Ecco perchè è davvero importante quello che gli amici di Torino e di Biella cercano di fare per darci la possibilità di una continuità con gli interventi di cataratta: speriamo che questo sogno prima o poi si avveri!

PS: nelle foto potete vedere un po' dei problemi che abbiamo avuto a dare un letto a tutti questi pazienti oculistici, molti dei quali erano ricoverati in due per letto, ed alcuni dei quali hanno dormito
su un materasso per terra.

Fr. Beppe Gaido

 

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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