giovedì 14 luglio 2016

Sempre difficile decidere

Le linee guida nazionali ci dicono che i cesarei elettivi in donne che hanno controindicazioni al parto naturale si fanno a 37 settimane di età gestazionale.
Molti ginecologi italiani, quando sono qui per il loro periodo di volontariato, mi dicono che oggi si tende ad aspettare molto di più ed a fare i cesarei elettivi praticamente a termine di gravidanza, perchè anche un giorno in più in utero può essere utile per la salute del nascitiro, soprattutto al fine di evitare complicazioni respiratorie che a volte possono essere fatali nel nostro contesto lavorativo privo di rianimazione neonatale.
In effetti anche la mia esperienza mi aveva portato spesso a notare come a volte un cesareo elettivo a 37 settimane, fatto per un feto in ottime condizioni all'ecografia, poi risultava in inspegabili distress
respiratori che portavano addirittura alla morte del piccolino.
La settimana scorsa ho visitato una giovane donna con cicatrice da pregresso cesareo dovuto a disproporzione cefalo-pelvica.
Era a 37 settimane ed il feto era in ottime condizioni all'ecografia.
La data stimata del parto, secondo il calcolo ecografico, sarebbe stata il 27 luglio.
Ho quindi parlato con la mamma e le ho spiegato le possibili complicazioni di un cesareo elettivo alla trentasettesima settimana.
Le ho dunque consigliato di aspettare almeno fino al 20 luglio, in modo da consentire una adeguata maturazione polmonare per il suo figlioletto.
Ieri però quella mamma ha avuto complicazioni strane: non aveva contrazioni uterine, ma lamentava un fortissimo dolore alla schiena.




Aveva anche male alle giunture e sudorazioni profuse.
Ho rifatto l'eco ed il battito cardiaco fetale era buono.
Il test della malatia era negativo, per cui ho deciso di continuare con la terapia medica, prescrivendole del paracetamolo e consigliandole riposo a letto.
Era mia intenzine rimanere fedele al fatto che avrei aspettato fino al 20 luglio per il cesareo.
Le ho anche fatto la profilassi con il cortisone per la produzione del surfactante nei polmoni del bambino e le ho promesso che, in caso di contrazioni, sarei corso a farle il cesareo d'urgenza a qualunque ora del giorno e della notte.
Oggi pero le infermiere della maternità mi hanno chiamato perhè la giovane mamma, pur non avendo le doglie, non sentiva più il battito fetale.
Ho rifatto l'eco ed in effetti il cuoricino del bimbo si era fermato.
E' stato un colpo per me.
Mi sono sentito gravemente in colpa: se avessi fatto il cesareo elettivo la settimana scorsa, forse quel bambino sarebbe vivo.
Ho voluto aspettare per paura di complicazioni polmonari che avrebbero potuto mettere a rischio la sua vita, e, così facendo, ho lasciato che morisse prima ancora di venire alla luce.
La mamma naturalmente era disperata ed ha pianto tantissimo quando le abbiamo dato la notizia, anche se non mi ha accusato di nulla.
A me comunque i sensi di colpa pesano fortemente sul cuore: come è difficile a volte prendere la decisione giusta in ostetricia!
Ora devo fare in modo di far nascere questo feto morto, e non sarà semplicissimo perchè molti dei farmaci che inducono le contrazioni uterine sono controindicati in caso di cicatrice da pregresso cesareo, ed inoltre la mamma ha una disproporzione cefalo-pelvica.
Certamente comunque un modo lo troveremo e non causeremo a quella mamma una seconda cicatrice da cesareo senza darle un altro figlio.

Fr. Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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