mercoledì 7 settembre 2016

La morte di un grande medico

Mi ha molto rattristato venire a conoscenza della morte del Dr Ugo Montanari, medico romano, grande amico ed ammiratore di Chaaria, più volte volontario in Tanzania.

Ugo mi ha voluto molto bene; mi ha stimato ben oltre quanto mi meritassi, ed ha sempre condiviso e sostenuto il nostro sogno di servizio incondizionato a Chaaria.
Troppo impegnato con la Tanzania, ed ancora al lavoro, mi aveva promesso di venire a Chaaria per un periodo prolungato dopo il raggiungimento della pensione.
Ma questo non si è potuto realizzare perchè è arrivato un tumore a tagliargli la strada, un tumore che ha in qualche modo rattristato il cuore sempre gioviale di Ugo e che soprattutto gli ha impedito di coronare il suo sogno di venire a Chaaria a lavorare con me.
Si faceva chiamare Kiboko dai suoi amici africani: kiboko in kiswahili significa ippopotamo, ed anche questo faceva parte della sua personalità scoppiettante e "troppo simpatica"...ovviamente il riferimento al suo peso corporeo era ben poco velato.
Troppo simpatica anche la sua auto su cui ho avuto l'onore di viaggiare insieme con Ugo in uno dei miei atterraggi a Fiumicino: anche sulla pandina l'ippopotamo campeggiava sovrano sul cofano ed i dipinti africani ne facevano un'auto unica in tutta Roma.


Tra le altre cose che Ugo ha fatto per Chaaria non posso non citare il sostegno economico per una ragazza orfana che proprio grazie a lui è ora diventata una segretaria.
Condoglianze sincere alla sua famiglia.
Ad Ugo auguro un viaggio leggero e tranquillo che lo conduca dritto dritto in Paradiso.

Fr Beppe Gaido



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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