sabato 15 ottobre 2016

Ad impossibilia nemo tenetur...

...è certamente una frase latina che ancora oggi continua ad aiutarmi quando non ce la faccio più, ma come si fa a staccare e ad andare a riposarsi se i pazienti arrivano continuamente, ventiquattr'ore al giorno, e le complicazioni si susseguono a ritmo incalzante?
Si dorme poco e male, e c'è chi dice che il sonno perso non lo si recupera più, che in qualche modo lascia il segno, anche se poi l'indomani l'adrenalina ti rende tonico, concentrato e forte.
Devo ammettere che inizio ad accusare lo sciopero anche fisicamente!
In effetti ho sviluppato quella che penso sia una brutta gastrite con esofagite da reflusso: ho bruciore continuo allo stomaco, e mangiare rende la situazione ancora peggiore. Spesso sento come un fuoco che mi risale su su per l'esofago ed arriva fino in bocca, soprattutto quando sono a letto. Oggi ho ceduto ed ho assunto omeprazolo, anche se io le terapie preferisco prescriverle agli altri piuttosto che prenderle io.
Oggi è sabato, ma la situazione non è migliorata affatto. In reparto continuiamo ad avere affollamenti inverosimili, con due pazienti per letto anche per gli operati.
In maternità la situazione è ancora peggiore: materassi per terra, parti a ritmo continuo (in media almeno dieci ogni notte)...oggi addirittura una mamma si è gestita l'induzione del travaglio con ossitocina su una sedia in sala parto, in quanto le tre barelle sono state perennemente occupate da partorienti.


Ma gli episodi che desidero condividere oggi con i lettori sono due episodi di violenza: sembra che in questi giorni sia scoppiata tanta violenza! Non so se è perchè i malati vengono tutti qui a motivo dello sciopero o se davvero gli attacchi sono davvero in aumento.
All'una del pomeriggio abbiamo ricevuto un giovane di 22 anni a cui era stato malamente amputato l'avambraccio destro.
Il ragazzo era schockato e le arterie recise buttavano sangue fino al soffitto. Mentre lo operavo e purtroppo semplicemente perfezionavo la rudimentale amputazione da machete, mi sono reso conto che sul radio e sull'ulna c'erano vari segni di colpi di panga. Mi sono sentito rizzare i capelli pensando che l'atto di violenza sulla mano destra è stato volontario, premeditato e perpetrato ripetutamente finchè le ossa si sono alla fine spezzate.
Quel ragazzino è stato sorpreso nel campo di miraa di qualcun altro. A lui è stata fatta giustizia popolare: non potrà più rubare (se mai fosse stato un ladro) ora che non ha più la mano destra. Ma che giustizia è? E' crudeltà pura! Il ragazzo mi ha detto che l'assalitore gli ha chiesto se voleva una amputazione "con le maniche lunghe o con le maniche corte".
Raccapricciante!
Mi è sembrato di rivivere fatti tremendi letti riguardo ai metodi usati nella guerra civile del Sierra Leone e della Liberia.
Dopo l'operazione e la trasfusione il giovane sta bene e non ha male...ma ha perso la mano destra così giovane. Qualunque cosa abbia fatto, certo non se lo meritava, perchè nella vita si può sempre cambiare e si deve dare ad una persona la possibilità di redimersi.
Avevo appena mangiato un boccone veloce di pranzo quando sono stato chiamato nuovamente in ambulatorio: di nuovo una pangata!
Stavolta la ferita più impressionante era sul volto: una accettata pesante inferta in orizzontale aveva infatti diviso quella faccia in due, spezzando il naso e dividendo le narici che pendevano verso il basso, dalla piramide fratturata che sanguinava abbondantemente. Il taglio aveva anche distrutto il labbro superiore, l'arcata gengivale ed aveva proseguito il suo tragitto distruttore seguendo una traiettoria che ha salvato l'occhio sinistro per un millimetro o anche meno.
L'aspetto era grottesco ed inquietante.
Quel poveretto aveva anche una seconda machetata sull'avambracccio sinistro, violenta abbastanza da fratturargli l'ulna.
E chi è che ha ridotto così il nostro paziente che ora abbiamo ricostruito davvero bene con una chirurgia plastica notevole per gli standard di Chaaria e con ore di paziente lavoro da certosini?
Suo fratello, e per un litigio riguardante un pezzo di terra.
Come ringrazio Dio che io problemi di terra da dividere con mia sorella non ne ho mai avuti!
Sono storie tristi, che ancora una volta ci richiedono comunque di donarci al massimo per la presona che ci sta davanti e che soffre, senza giudicare quello che hanno fatto ma cercando solo di salvare loro la vita.
Noi non siamo qui per giudicare...mai!
Siamo qui solo per servire tutti quelli che sono nel bisogno.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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