venerdì 14 ottobre 2016

Bollettino dal lazzaretto Chaaria

Oggi avevo deciso di fare una lista operatoria quasi impossibile con dodici interventi programmati nelle due sale.
Da una parte la lista lunga era dettata dal fatto che i pazienti ricoverati ed in attesa di intervento naturalmente fanno molta pressione per essere presi in considerazione, e dall'altra serviva anche a me come stimolto; sempre mi dico infatti: magari non riesco a finire oggi ma almeno gli interventi posticipati li devo mettere per primi domani.
Nonostante il numero notevole ce l'avremmo comunque fatta a fare tutte quelle operazioni, se non fossero arrivate dapprima una tremenda pangata sul polso destro, e poi un addome acuto da ernia crurale strozzata in una donna anziana.
Purtroppo, all'uomo del machete abbiamo dobuto amputare la mano sinistra ed alla donna dell'ernia abbiamo dovuto resecare 40 cm di intestino tenue.
Sono stati interventi che ci hanno preso energie e tanto tempo. E' stato brutto dover tagliare una mano ad un giovane uomo, ma gli abbiamo salvato la vita in quanto le arterie zampillavano fino al soffitto e sarebbe certamente morto dissanguato.
Non è stato semplice operare in urgenza quella donna dell'ernia (le condizioni erano pessime), ma vederla ora tranquilla nel letto mi incoraggia e mi dà forza... anche se è quasi mezzanotte e so che domattina sarà durissima alzarsi...sempre che non chiamino di notte.


Domani è sabato, ma la lista operatoria sarà rovente come oggi: dobbiamo operare tanto per poter poi anche dimettere qualcuno ed avere letti per accogliere altri bisognosi in questa fiumana di pazienti che pare non finire mai.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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