mercoledì 30 novembre 2016

La Shamba

Sia benedetta la shamba, il lavoro nei campi: fondamentale, unico, vitale. E parte integrante della testimonianza della nostra missione.
La gente mangia quello che riesce a coltivare nel proprio piccolo campo. Senza un pezzo di terra è quasi impossibile sopravvivere, per questo è considerato il bene primario. Anche noi abbiamo il nostro orticello. 
Ci fa sentire più vicini alle persone: capiscono che siamo uguali, che viviamo come loro. Anche noi dobbiamo lavorare per avere un po' di granoturco nei granai e sperare in una buona stagione delle piogge, per non perdere tutto quello che abbiamo seminato. 
C’è anche uno scambio proficuo con gli abitanti del posto: noi gli diamo consigli su come incrementare la resa e far sì che gli animali producano di più, loro ci insegnano come funziona questa terra. Che è la loro terra. Sacra.
Mi piace questa cosa: noi e loro, come una grande famiglia. Diversi ma uguali, uniti dallo stesso destino. Perché se non piove i problemi ci sono per tutti.
Oggi, grazie a Dio, piove a dirotto. Una vera benedizione. L'ospedale in questo momento è meno affollato del solito. Le strade sono diventate impraticabili, e poi durante la stagione della semina i nostri poveri pensano più a zappare che a curarsi.
La sala operatoria e la maternità ci hanno comunque tenuti impegnati da mane a sera.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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