martedì 13 dicembre 2016

Leucemia

George ha appena 10 anni.
Ha un emocromo da far paura in cui tutte le serie sono compromesse: i globuli bianchi sono quasi 200.000, quasi tutti linfociti, mentre le altre linee cellulari sono completamente inibite.
George viaggia sui 4 grammi di emoglobina, ed ha le piastrine quasi a zero.
Ho fatto l’esame del midollo osseo ed il risultato è stato terribile, anche se abbastanza atteso: leucemia linfatica acuta con blasti in circolo.
Il bambino sta sempre peggio.
Fino a ieri parlava ancora; oggi sembra incosciente e respira a fatica.
Trasfonderlo non possiamo perchè non abbiamo sangue a causa dello sciopero che ha paralizzato tutti i canali ufficiali di screening.
Trasferirlo all’Università a Nairobi per la chemioterapia è ora impossibile per lo stesso motivo: la sanità è paralizzata.
Inoltre non penso che questa famiglia povera potrà affrontare le ingenti spese della chemio.
Poco fa ho dato la notizia alla mamma. Non so se mi ha capito, e soprattutto non credo che abbia colto la gravità della situazione.
Mi ha chiesto solo se suo figlio guarirà.


Io sono stato molto onesto: le ho detto che al momento potevo fare solo cortisone e sperare; le ho consigliato di pregare tanto e di implorare un miracolo, e le ho anche detto che, se il bimbo migliorerà nei prossimi giorni, dovrà pensare a vendere un pezzo di terra se
vorrà tentare di salvare suo figlio con una terapia estremamente costosa e prolungata come la chemio, che solo in Università a Nairobi possono offrire.
L’oncologia è una delle branche più frustranti: fai diagnosi, dai notizie terribili ai pazienti, e quasi mai hai i mezzi per offrire loro una terapia ed una possibilità di guarigione.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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