giovedì 26 gennaio 2017

In Africa capita anche questo

In Italia l'età a cui si partorisce il primo figlio continua ad aumentare, e non sono rare le primipare quarantenni.
Qui la situazione è molto diversa.
Ieri ha partorito una ragazza di 14 anni, ed oggi l'ultimo cesareo della giornata (speriamo che sia l'ultimo!) è stato per una mamma diciassettenne.
Se questo è l'andamento medio delle gravidanze, non è quindi raro dalle nostre parti essere già nonna a quarant'anni o giù di lì. Che differenza abissale con l'Italia!
A questo riguardo, poco tempo fa a Chaaria è successo un fatto curioso: Jane, una donna che da poco aveva superato la quarantina, è stata ricoverata per travaglio lo stesso giorno in cui pure la sua figlia primogenita ha iniziato a sentire le doglie.
Per la mamma si trattava di un quinto parto; per la figlia invece del primo.
La progressione del travaglio è stata stranamente molto simile, tanto che, per le ultime ore, le due donne, mamma e figlia, sono state sdraiate una a fianco all'altra in due barelle della sala parto.


Hanno sofferto insieme, e sono state l'una vicina all'altra anche fisicamente.
Entrambe hanno partorito bene: la mamma un bel maschietto, e la figlia una femminuccia cicciona.
Per Jane quello è stato un giorno molto particolare, perchè. a distanza di mezz'ora circa, è diventata nuovamente mamma, e poi anche nonna.
Ovviamente questo è possibilissimo se si partorisce molto giovani.
Pure questo fatto curioso fa parte degli estremi che si sperimentano ogni giorno a Chaaria!

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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