sabato 10 giugno 2017

La disperazione dei pazienti e la nostra debolezza

A volte in questi giorni passare per I reparti stringe il cuore e fa toccare con mano la poverta' della condizione umana. 
Tutti sanno che a Chaaria gli ospedali governativi mandano i pazienti piu' poveri, perche', quando hanno una copertura sanitaria o qualche disponibilita' economica, li possono invece riferire ad altri ospedali "missionari" piu' costosi.
Te ne accorgi passando vicino a loro di quanto siano poveri. Lo comprendi dalle povere cose che hanno, ed anche dalla tristezza che alberga nei loro occhi
Molti di loro poi sono poveri anche dal punto di vista della patologia: tumori terminali che non hanno avuto soldi per intervento, chemio o radioterapia, ed ora e' troppo tardi. 
Per loro possiamo fare solo poche cure palliative. Magari, se avessero avuto soldi, ora non sarebbero terminali. 
Malati psichiatrici senza parenti che forse nessuno verra' mai piu' a riprendersi e che noi dobbiamo sedare pesantemente non essendo attrezzati per la malattia mentale.
Fratture vecchie di mesi ed ormai consolidate in posizioni abnormi, che mai permetteranno la deambulazione: e la ragione per cui non sono stati operati e' sempre la loro poverta'.
Quanti bambini fratturati abbiamo ricoverato in questi giorni!
Sono stati messi in trazione ma molti di loro avevano bisogno di intervento ed ora hanno arti deformati. 


Li opereremo certamente, senza chiedere se hanno soldi o meno, ma quanta disperazione vedo negli occhi delle loro mamme. 
Questi bimbi dovrebbero essere a scuola, ed invece sono ospedalizzati da mesi, ma per loro e' stato fatto molto poco...e la ragione e' sempre la stessa!
Pazienti terminali che dall'accettazione passano quasi immediatamente all'obitorio perche' arrivano a Chaaria troppo tardi: ieri per esempio ho ricoverato una donna con tumore dell'esofago. 
Avrebbe dovuto essere sottoposta ad un intervento palliativo che le avrebbe permesso almeno di nutrirsi...ma e' iniziato lo sciopero, e lei e' quindi stata dimessa senza operazione. Volevo operarla domani, pur essendo domenica...ma lei era troppo debole, ed e' volata in cielo.
Anche la maternita', cosi' sovraffollata, con mamme che dormono sui materassi per terra, altre che si dispongono a lisca di pesce su un letto per poterlo condividere con altre quattro compagne di sventura, mi parla della fragilita' della condizione umana: queste donne si meriterebbero di meglio nel sacro momento della nascita di un figlio, ed invece a mala pena riusciamo a seguirne il travaglio. Sovente le facciamo partorire su un lenzuolo per terra, in quanto le tre barelle della sala parto sono gia' occupate da altre partorienti.
Ancor piu' fragili in questi giorni mi sembrano I bimbi pretermine, gia' di per se' immunosoppressi a causa della prematurita', ed ora anche obbligati a stare in quattro nella stessa incubatrice. Sono troppi e non abbiamo un'incubatrice singola per tutti.
Fragilissimo mi sento anche io, massacrato e asfaltato da ore ed ore di lavoro estenuante in cui salto come un grillo dalla sala operatoria, all'ambulatorio, alla maternita', al reparto. 
A volte sono stanco e teso, magari non ho dormito di notte per emergenze...e poi rispondo duramente ad un paziente, ma pago questa mia intemperanza con sensi di colpa che durano ore e cessano solo se trovo la forza di chiedere scusa.
Disperati sono I pazienti in questi giorni...disperati a volte siamo noi quando ci sembra di non farcela ad andare avanti.
Ma la preghiera ci da' forza, stringiamo I denti, ignoriamo la costante cefalea e la carenza cronica di sonno, ed andiamo avanti con dedizione ed immutato entusiasmo, cercando di rialzarci sempre dopo ogni sbaglio ed ogni caduta.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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