giovedì 17 agosto 2017

Speriamo in un post operatorio regolare

Alle ore 18 di un pomeriggio caotico si presenta un giovane uomo di 31 anni con chiari sintomi di addome acuto. Ha in mano una mia ecografia del 24 giugno, in cui io scrivevo: addome acuto con massa in fossa iliaca destra e sospetto ascesso appendicolare. 
Nella stessa ecografia aggiungevo: il paziente rifiuta sia il ricovero che l’intervento chirurgico.
Ed eccolo qui oggi a quasi due mesi di distanza!
Sono personalmente molto stupito che sia ancora vivo e che possa addirittura camminare.
Naturalmente bisogna andare in sala immediatamente, anche se siamo tutti molto stanchi.
La situazione addominale ci appare subito disastrosa, all’apertura della cavità peritoneale. C’è pus, anche se la peritonite è localizzata ai soli quadranti di destra; le anse ileali sono assai distese, come nelle occlusioni intestinali, e bisogna svuotarle usando un sondino naso-gastrico.
Il cieco ed il colon ascendente sono bloccati in una massa adesa alla parete; nel conglomerato di aderenze ci sono anche il duodeno e varie anse ileali molto sofferenti.


Dapprima cerchiamo di scollare i visceri, nella vana speranza di poter risolvere le aderenze senza perforare l’intestino: lavoriamo quasi un’ora, ma poi ecco che notiamo un buco sul colon ed un altro sull’ultima ansa ieale.
La cosa che ci turba è che la reazione appendicolare è minima e quindi l’appendicite sembra consensuale (una conseguenza più che la causa del pus); nel cieco invece c’è una massa grossa e dura che potrebbe anche farci pensare ad un tumore.
Con fatica stacchiamo le aderenze e liberiamo il duodeno senza perforarlo... è un lavoro da certosino!
L’unica opzione che ci rimane a questo punto è però quella di una emicolectomia destra con ileostomia terminale provvisoria.
Un’anastomosi ileocolica al trasverso sarebbe stata troppo rischiosa visto il terreno molto infiammatorio su cui avremmo dovuto suturare.
Naturalmente mandiamo il pezzo anatomico prelevato per l’esame istologico, sperando che sia una qualche infezione e non un cancro-ascesso.
Finiamo l’operazione verso le 21, e non posso fare a meno di pensare che questo ragazzo, a cui ora manca un pezzo d’intestino, che ha un ano artificiale per almeno un mese e che dovrà certamente subire un secondo intervento piu’ avanti, avrebbe potuto essere operato senza complicazioni se solo avesse capito la serietà della sua situazione il giorno in cui ho fatto la prima ecografia. L’ignoranza è certamente una grave forma di povertà!
Ora gli auguriamo un post-operatorio tranquillo ed una pronta guarigione.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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