giovedì 22 febbraio 2018

Giornata pienissima

La seconda giornata del congresso e' stata molto piu' pesante della prima. 
Ieri abbiamo rivisto e perfezionato le nostre conoscenze sulle fratture di ossa lunghe che necessitano di fissazione interna con chiodo endomidollare. 
Era un'area ormai a me familiare, certamente molto stimolante, ma non troppo difficile.
Ovviamente ho imparato ancora cose nuove, ma generalmente mi sono mosso in un mare conosciuto.
Oggi invece siamo stati introdotti alla chirurgia delle fratture pelviche (del bacino) ed a quella delle fratture dell'acetabolo. 
Si tratta di una chirurgia difficilissima e superspecialistica, gia' eseguita all'universita' di Eldoret. 
Il Dr Lewis e'convinto che ci vorra' tempo ma che saremo in grado di farla anche a Chaaria.
Questa sera a cena mi e' stata data la possibilita' di parlare e di esporre ai partecipanti l'esperienza di Chaaria con Sign.
E' stata una nuova occasione per rinnovare la nostra gratitudine a Sign.
In questo congresso Chaaria sta ricevendo un'ampia visibilita', un grandissimo rispetto per il lavoro che facciamo ed insieme anche ammirazione per il carattere assolutamente missionario e no-profit del nostro operato.
Ho gia' in cantiere un paio di nuove tecniche chirurgiche suggeritemi da Sign per le fratture del collo di femore.


So che a Chaaria ho alcuni pazienti che attendono il mio ritorno per l'intervento...spero di mettere a frutto con entusiasmo le cose che sto imparando in questi giorni di riposo-studio.
Ancora un grazie a Fr Giancarlo ed ai volontari che si sacrificano a Chaaria per darmi questa possibilita'.

Fr Beppe





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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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