domenica 18 marzo 2018

I dieci comandamenti di Chaaria

1) Io sono il Signore tuo Dio, che tu hai la possibilita’ di incontrare ogni giorno nei poveri e negli ammalati che servi e per cui stai spendendo la vita. Sono presente nei pazienti piu’ difficili e piu’ puzzolenti, in quelli piu’ scortesi e difficili da accontentare.
Ma ricordati che “neppure un bicchiere d’acqua dato per amore sara’ dimenticato”.
2) Non nominare il nome di Dio invano: non e’ il caso di riempirsi la bocca di tante parole sulla carita’. Sono necessari i fatti. Bisogna veramente impegnarsi notte e giorno nel Mio servizio, con una fede che diventa azione, con un impegno che dimostri nella pratica quello in cui crediamo.
3) Ricordati di santificare le feste. Pensa sempre che Io, Gesu’, continuo ad essere presente in chi soffre. Tieni dunque a mente che anche alla domenica le Mie piaghe sono da medicare, il Mio corpo sudato e’ da lavare. 
Rammenta che pure nei giorni di festa ho bisogno di essere imboccato perche’ sono paralizzato e non posso usare le Mie mani, o portato ai servizi perche’ sono in carrozzella. 
E poi tieni conto di una cosa: se anche stai pregando, ed un servizio ungente di carita’ ti chiede di andare ad assistere qualcuno veramente in difficolta’, non temere neanche per un minuto... corri subito e pensa che “non e’ lasciare Dio, quando lo si lascia per incontrarlo nuovamente nelle membra di un bisognoso”.


4) Onora il padre e la madre; cioe’ abbi rispetto di tutti coloro che sono piu’ anziani di te. Non mancare alla loro dignita’: forse adesso ti appaiono come dei vecchi noiosi che chiedono sempre le stesse cose, si fanno la pipi’ addosso e a volte sono pieni di piaghe. Ma pensa che in loro e’ presente il Signore. 
Fai memoria del fatto che, prima di essere degli anziani non autosufficienti, sono stati dei buoni genitori che hanno fatto di tutto per il benessere dei loro figli.
Spesso, proprio perche’ vecchi e malati, vengono abbandonati in ospedale dalle loro famiglie. 
Cerca di essere tu il figlio o la figlia che sicuramente a loro manca e per cui inconsciamente continuano a soffrire. Anche quando devi scoprire il loro corpo ed entrare nella loro sfera piu’ intima, fallo con delicatezza; esponi solo quel tanto che e’ necessario per espletare le tue mansioni. 
Non umiliarli ponendo davanti a tutti la loro nudita’ anche quando non e’ necessario. Onora, rispetta e servi gli anziani, e prova a pensare: se al suo posto ci fosse mio padre o mia madre, come li tratterei?
5) Non ammazzare. Come e’ facile farlo! E la nostra arma piu’ terribile e’ in genere la lingua, con cui possiamo benedire Dio, e criticare il nostro vicino, fino a distruggerlo moralmente e psicologicamente. 
Il comandamento di Dio non esige soltanto di astenerci da aborto, eutanasia e qualunque forma di omicidio. Ci chiede anche di non ammazzare il buon nome del nostro fratello con chiacchiere inutili e tendenziose, con calunnie che, una volta sparse per il mondo, molto difficilmente riescono poi ad essere cancellate.
Parlare male di chi lavora con noi, violare la privacy dei nostri pazienti (per esempio rivelando a tutti un test HIV), calunniare un amico, parlare alle sue spalle... tutti questi sono omicidi morali che violano il comandamento.
6) Non commettere atti impuri. Sii candido nel tuo servizio, che molte volte ti mette a contatto con realta’ personali e intime come la maternita’, la paternita’, l’infertilita’. Entra in questi mondi in punta di piedi: non forzare mai. E’ il paziente a decidere quanto farti entrare e quanto lasciarti fuori. 
Il corpo e’ tempio dello Spirito Santo ed a noi e’ dato di servirlo: per questo e solo per questo lo scopriamo, lo guardiamo, lo analizziamo; magari anche lo tagliamo e lo facciamo soffrire in vista della guarigione. 
Ma un vero servo di Gesu’ presente nel “piu’ piccolo dei fratelli maggiormente abbandonati”, non puo’ mai permettersi gesti o comportamenti poco limpidi quando espleta i suoi delicati servizi all’interno dell’intimita’ di una persona malata.
7) Non rubare. Gli uomini d’affari dicono che il tempo e’ denaro, mentre noi cristiani siamo convinti che esso e’ un preziosissimo dono di Dio che non vogliamo sprecare e che intendiamo donare completamente agli altri. 
Non rubare vuol dire quindi non essere pigri, non perdere tempo; riscoprire il valore della dedizione notte e giorno, sette giorni alla settimana. Il Cottolengo, che era un po’ poeta, ci parlava di servizio anche con il sacrificio della vita. 
Certo, magari non saremo chiamati a morire di ebola durante una epidemia, ma dobbiamo comunque essere in grado di dare tutto quello che possiamo, senza risparmiarci, senza schernirci. 
Il tempo ci e’ donato perche’ lo spendiamo nel servizio, ed a questo riguardo, dobbiamo cercare di non derubare gli altri del diritto che hanno alla nostra dedizione.
8) Non dire menzogne: cioe’, non parlare male degli altri che lavorano con te, inventando fandonie nei loro confronti. Collabora; sii buono, e schietto con tutti. Non cercare sempre il primo posto, magari con gomitate o colpi dati sotto la cintura. 
Siamo tutti operai del Signore
e lavoriamo nella sua stessa vigna. Non e’ il caso di pugnalarci con delle bugie: tutti dobbiamo tirare il carretto nella stessa direzione.
Non dire menzogne neppure aumentando le tue qualita’, e sentendoti troppo importante e necessario: nel campo di Dio c’e’ spazio per tutti, anche per chi non e’ un superuomo. Per il servizio dei poveri siamo tutti utili, ma nessuno e’ necessario. 
Al Cottolengo piaceva pensare che noi siamo strumenti nelle mani della Provvidenza: l’umilta’ e’ verita’ sui nostri limiti... e questo e’ davvero importante nel servizio degli altri.
9) Non essere geloso degli altri: lascia che abbiano le loro amicizie.
Lascia che i malati scelgano anche di affezionarsi ad altri. Non e’ necessario che tu sia amico di tutti. 
Offri la tua bonta’, e poi accetta anche che qualcuno non desideri la tua compagnia, ti lasci da parte e magari anche ti tratti ingiustamente.
10) Non essere geloso neppure di quello che gli altri hanno: non invidiare la loro ricchezza, ne’ i loro talenti, ne’ la loro cultura.
Dopotutto, se sei qui a Chaaria a servire i piu’ poveri e’ perche’ il tuo cuore e’ buono, sensibile e generoso. E davanti a Dio non serve davvero nient’altro: non conta il tanto o il poco; cio’ che e’ veramente importante e’ l’amore con cui si fanno le cose. 
Essere un primario che opera patologie ad alto rischio o essere una persona che si occupa di dar da mangiare a chi non potrebbe farlo autonomamente, davanti al Signore e’ la stessa cosa. Il “posto al sole” che dobbiamo cercare con forza e’ fare tutto quello che sappiamo, mettendoci il massimo dell’impegno, della dedizione e dell’amore.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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