domenica 1 aprile 2018

La mia ultima paziente di oggi

Il giorno di Pasqua e' stato un misto di emozioni forti.
La Messa curatissima in ospedale con i malati.
Qualche momento di preghiera personale in cappella nel silenzio, momento rubato tra un paziente e l'altro e tra un'operazione e la prossima.
L'adorazione in cappella insieme ai Fratelli.
La cena stupendamente organizzata da Fr Giancarlo con i volontari e le suore.
Una passeggiata pomeridiana ritagliata nell'unico momento tranquillo prima dell'ennesimo cesareo.
La bella sensazione di essere in servizio anche il giorno di Pasqua, perche' i pazienti hanno bisogno di noi anche se e' festa.
La stanchezza del giro malati nel dopocena, quando anche devo preparare la lista operatoria per domani perche' oggi non avevo alcuno staff anestesiologico locale (a parte naturalmente la preziosissima Maria Grazia, che comunque e' una volontaria ed in genere non si occupa di questo aspetto).
Sto per andare a letto, quando vengo chiamato in ambulatorio per una paziente. Sono le 22.30.
E' sconvolgente quello che vedo, soprattutto perche' oggi e' Pasqua: alla giovane donna e' stata completamente amputata la mano sinistra, le arterie, ancora beanti, sanguinano abbondantemente e bisogna fermare l'emorragia. Le ossa sono esposte. La panga e' passata appena sopra il polso ed ha reciso radio ed ulna.


La paziente e' in preda al dolore ed ovviamente e' sotto shock.
I parenti sono sconvolti quanto lei.
La prima domanda che mi viene e' banale: da dove venite?
Provengono dai dintorni, e la cosa mi fa stare ancora peggio. Tanta violenza attorno a Chaaria?
Poi faccio la domanda fatidica: chi le aveva fatto tanto male?
Ha risposto la nostra infermiera che ovviamente aveva gia' domandato ancor prima di chiamarmi per l'emergenza: e' stato suo marito.
Mi chiudo in un silenzio cupo mentre chiudo le arterie, arresto l'emorragia, prescrivo i farmaci e medico la ferita, rimandando a domani in sala l'amputazione definitiva (ovviamente della mano non abbiamo alcuna notizia, e non ci sono alternative all'amputazione!).
In me si agita un turbinio di pensieri: come puo' un marito arrivare a tanto? Come si puo' arrivare ad una violenza simile il giorno di Pasqua e sull'amata del tuo cuore?
Sono semplicemente senza parole quando lascio l'ospedale e provo a dormire.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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