venerdì 22 giugno 2018

Anche Sophia è andata

Dopo appena 24 ore abbiamo perso un'altra orfanella.
Infatti oggi e' venuto il papa' di Sophia, la nostra reginetta e la piu' bella tra gli orfanelli di Chaaria (parere assolutamente personale!).
Sua mamma era morta di emorragia post-partum in un'altra struttura.
Si trattava del terzo parto per lei.
La morte di quella donna, dando alla luce Sophia, ha quindi reso orfani anche altri due bambini piu' grandicelli.
Ovviamente era stato uno shock tremendo per il babbo, lasciato dalla cara moglie e rimasto solo con tre figli sulle spalle.
Sophia era nata il 6 ottobre 2017, ma era giunta a Chaaria il 22 dello stesso mese, circa due settimane piu' tardi.
Da allora sono passati esattamente otto mesi, in cui la piccola ha continuato a crescere ed e' stata sempre bene.
Oggi sono venuti tutti a prenderla: il babbo, la sorella primogenita di circa 10 anni ed il fratellindo di circa sette anni.
E' stato un momento commovente per tutti.
Come ho gia' detto ieri, la partenza di Sophia ha nel nostro cuore valenze sia di gioia che di velata tristezza; ma sappiamo che trovera' certamente il calore del focolare e l'amore vero che solo in famiglia si puo' trovare.


Siamo stati con lei per gli otto mesi piu' delicati della sua vita: siamo riusciti a nutrirla correttamente, dapprima con latte in polvere e poi con il normale cibo africano che potra' ora trovare anche a casa; siamo puree riusciti a mantenerla forte e sana (non si e' mai ammalata). Come per tutti gli altri orfanelli abbiamo eseguito tutte le vaccinazioni necessarie.
La mandiamo percio' a casa forte, sana ed attrezzata per affrontare la nuova vita che le si apre davanti.
Il vestito che le abbiamo regalato oggi mi piace proprio tanto.
Buona vita, piccola Sophia!

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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