mercoledì 20 giugno 2018

Perchè il dolore?

E' l'eterna domanda che l'essere umano si pone, e normalmente non ci sono risposte.
Perche' la sofferenza?
Perche' il dolore innocente, soprattutto dei bambini?
Ovviamente non ho risposte a questa domanda, anche se devo ammettere che una giornata come oggi me la ripropone prepotentemente.
Ho visto cosi' tanti malati gravissimi.
Ho perso due ragazze giovani che conoscevo da tempo. Entrambe letteralmente mangiate dall'HIV/AIDS:una lavorava qui ed una era parente di una persona che conosco.
Entrambe giovanissime, al di sotto dei trent'anni; entrambe madri di figli piccoli che ora sono anche orfani; entrambe sposate da poco con giovani ora lasciati vedovi.
Poi stasera sono entrato in sala per un addome acuto che speravo di risolvere in 45 minuti: " ha 28 anni, vedrai che e' solo una peritonite da appendicite purulenta. Faremo in fretta"...ho detto all'esausta Makena.
Invece siamo rimasti in sala per tre ore, ed in certi momenti ho pensato di buttare la spugna perche non sapevo piu' cosa fare: perforazioni intestinali multiple, materiale fecale in peritoneo, aderenze terrificanti, linfonodi mesenterici grossi come mandarini.
Sembrava proprio un tumore maligno...a quell'eta'!!!
Eppure la domanda rimane senza risposta. Perche', Signore?
Non trovo risposte nei libri di teologia o di filosofia. Se li leggo mi ci perdo o trovo spiegazioni astratte e fredde.


Mi viene pero' sempre in mente una frase che un mio confratello, Fr Domenico Carena, ora in Paradiso, mi disse un giorno: " l'unica risposta a questa domanda e': tirati su le maniche e lavora; non lasciar soli coloro che soffrono; sii tu personalmente le mani della Divina Provvidenza che viene a prendersi cura di coloro che sono nel dolore. Le domande non servono. 
Le risposte non ci sono. L'unica cosa seria e' la dedizione per chi e' nel dolore".
Sono stanco ed e' tardissimo, ma ho certamente cercato anche oggi di dare il massimo di me stesso, in questo mare infinito che e' la sofferenza umana.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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