martedì 26 giugno 2018

Una decisione ponderata

Da molti anni abbiamo mantenuto la tradizione che volontari e fratelli condividano la cena alla domenica sera.
Originariamente avrebbe dovuto essere un momento gioioso di scambio e di conoscenza reciproca...e spesso lo e' stato davvero!
Il fatto di avere per dodici mesi all'anno sempre volontari che si susseguono in gruppi a volte molto grandi ed in continuo turn over ogni 3 settimane, ha pero' indubbiamente portato ad una routine che pian piano si e' trasformata in pesante stanchezza.
Da una parte c'e' la nostra poverta' comunitaria ed il fatto che sovente i fratelli non sanno cosa dire ai volontari, per cui i dialoghi (quasi sempre in italiano) tagliano fuori i confratelli kenioti che aspettano in silenzio che la cena finisca.
Ma abbiamo fatto indagini a piu' riprese anche tra i volontari e ci siamo resi conto che la cena domenicale pesa anche a molti di loro che sentono disagio e condividono la stessa sensazione dei fratelli.


Molti volontari hanno espresso chiaramente il desiderio che questa cena fissa ogni domenica venisse superata, magari sostituendola in modo libero con altri momenti di fraternita' (una bibita insieme ogni tanto, per esempio).
Si tratta percio' di una percezione condivisa, anche se non verbalizzata, dai fratelli e dai volontari.
Siamo quindi giunti alla conclusione che sia meglio superare la cena comunitaria con i volontari alla domenica. E' inutile portare avanti un peso di cui nessuno gioisce!
Ci saranno occasioni particolari per organizzare un pasto insieme, ma non avremo piu' questa routine settimanale che molti sentono ora pesante...soprattutto quando ci si conosce troppo poco e non si lavora insieme.
Ripeto che si e' trattato di una decisione lungamente ponderata e presa in comunita' da tutti i fratelli.
Non e' una scelta del superiore, Fr Giancarlo.
E' la conclusione unanime della comunita', che risponde ad una sensazione del momento presente e che magari potra' anche essere rivista in futuro.
Tra un impegno e l'altro inoltre, la domenica sera e' forse l'unico momento in cui in genere tutti i fratelli si ritrovano a tavola, e questa potrebbe essere la nostra unica cena comunitaria nella settimana.
Chiedo anticipatamente scusa ai volontari di lunga data, ai volontari storici che tornano ogni anno, i quali forse non gradiranno questa decisione.
Onestamente parlando pero', il disagio percepito in certe cene che non finivano mai e che erano percorse trasversalmente da silenzi imbarazzati, mi fa capire che per adesso va bene cosi'.

Fr Beppe




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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