mercoledì 25 luglio 2018

Sono in incubatrice

Io ho compiuto 3 giorni, e sono nata pretermine. Quindi, onestamente, per me sarebbe stato molto meglio starmene ancora per un po’ nel calduccio buio ed accogliente dell’utero materno. Invece, per ragioni che non mi spiego, sono venuta alla luce prima del tempo.
Ora peso 1800 grammi... ma ho fame, ed il latte mi piace.
Ah... dimenticavo di dirVi che sono anche io una femminuccia.
Come mi chiamo?
Bella domanda!
Non me l’hanno ancora detto. So solo che la mia mamma si chiama Catherine.
Non solo sono nata sottopeso, ma ora ho un altro problema.
Sono stata partorita a casa, perche’ evidentemente siamo poveri e non avevamo soldi per andare all’ospedale. Poi, quando mia madre ha compreso che ero troppo minuta, ha deciso di portarmi a Chaaria, dove mi hanno condannata all’incubatrice... e non so per quanto tempo!
Ma poche ora dopo il nostro ingresso in ospedale, la mia mamy ha dato segni di comportamenti anormali. Per molte ore non e’ venuta ad allattarmi anche se strillavo: quando finalmente l’ho rivista attraverso il vetro della mia prigione, l’ho sentita urlare che io ero morta ed ero gia’ stata portata nell’obitorio.


Io piangevo dall’incubatrice e le continuavo a ripetere che ero li’ e che la volevo abbracciare.
Ma lei continuava a singhiozzare, ed a nulla valevano i tentativi di convincerla da parte degli infermieri.
Piu’ tardi pensavo che si fosse poi calmata.
Ho visto che ha assunto delle compresse. Ho udito le ostetriche parlare di “psicosi post-partum”; ma non so assolutamente cosa sia!
Mia mamma mi ha allattato abbastanza durante la giornata di ieri, anche se continuava a ripetere frasi strane, del tipo: “dottore, io non ho soldi, ma prenditi la bambina e lasciami andare a casa”. Ed il medico rispondeva con calma che la ragione per cui non poteva essere dimessa non era affatto economica... lei stava in ospedale per me, perche’ sono troppo piccola per vivere fuori da questo “forno”.
Speravo che tutto fosse calmo e che il mio secondo “compligiorno” potesse concludersi senza ulteriori problemi. Ho fatto la mia ultima “poppata” alle 22.30 e poi sono andata ad appisolarmi nella “culla termica”.
Quando mi sono svegliata stamane, ho ricevuta la terribile notizia: mia madre e’ scappata dall’ospedale e mi ha abbandonata qui. Che tremenda senso di perdita e di solitudine! Che vuoto ha invaso il mio cuoricino quasi impazzito di dolore!
Ora la stanno cercando, ma non e’ cosi’ facile, perche’, essendo poveri, non abbiamo il telefonino.
Sento gli infermieri parlottare tra di loro, e mi convinco che non e’ che la mia mammina non mi voglia bene. Semplicemente non e’ a posto con la testa. Mi pare di capire dalle ostetriche che si tratta di un problema abbastanza frequente... quindi non e’ solo la mia mamma!
E poi quanto mi pare di comprendere e’ che la psicosi sia transitoria, e che quindi io abbia fondata speranza di riabbracciare mia madre, e di riaverla sana di mente e tenera come l’ho desiderata per tutti i mesi in cui le sono rimasta dentro.
Anche ora so di esserle ancora “dentro”, e quindi spero che tornera’ presto... appena le medicine la aiuteranno a ripensare a quanto mi ha fatto!
Per ora sono qui. Tutti si prendono cura di me, ed io cerco di farmi forza.
Per cui, cari lettori, cercate di ringraziare sempre Dio per il dono di una buona famiglia, di bravi genitori e di tenerissimi nonni.
E quando siete con la vostra mamy, pensatemi sola e triste in questa incubatrice, che e’ calda e fredda nello stesso tempo... e pensate soprattutto che io non ho la piu’ pallida idea se mai rivedro’ ma mia mammina.

Baby Catherine


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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