mercoledì 15 agosto 2018

I tumori a Chaaria

Quando ero studente si diceva che in Africa le neoplasie sono molto rare. Lavorando qui per anni ormai, e facendo esperienza anche in zone ancora piu’ difficili, come per esempio il Sud Sudan, mi sono reso conto che questa affermazione era viziata in partenza.
a) Il primo problema e’ rappresentato dall’abilita’ diagnostica in Africa: pensando a certi villaggi sperduti, alla poverta’ che vi regna, per esempio in Sudan, ma anche in certe aree vicine a noi, e’ evidente come i dispensari locali non abbiano la capacita’ di “trovare” un tumore.
Quasi sempre queste strutture si limitano a poche diagnosi, spesso di natura infettiva. Cio’ da una parte porta ad una sovraestimazione di ncerte patologie: ogni forma di febbre per esempio e’ consideratan malarica ed ogni diarrea viene curata come amebica o secondaria a tifo addominale (Widal positivo).
Dall’altra si perdono per strada le diagnosi piu’ complesse, sia perche’ non ci sono medici nei servizi piu’ periferici, siamo soprattutto per mancanza di strumenti diagnostici quali ecografia, TAC, colon o gastroscopia, biopsia. E anche quando queste ultime sono disponibili, sono spesso cosi’ costose da essere al di fuori delle possibilita’ economiche di molte persone.


b) Il secondo elemento da tenere in considerazione e’ l’eta’ media: e’ chiaro che molti tumori diventano piu’ frequenti con l’invecchiamento.
In societa’ in cui la mortalita’ infantile e’ ancora decisamente alta, ed in cui l’eta’ media non supera i 40 anni, vuoi per la pandemia HIV,  vuoi per l’alta mortalita’ perinatale (il caso del Sudan), e’ evidente che molte persone muoiono per altre ragioni, prima di poter sviluppare un tumore.
Ma e’ comunque chiaro che anche i giovani sviluppano neoplasie, e ne stiamo diagnosticando sempre di piu’. Pensiamo solo al caso di Lina o a quello di Charity, affette rispettivamente da sarcoma del volto e da tumore del nasofarige nell’eta’ adolescenziale.
Ricordiamo anche Joshua, affetto da linfoma di Burkitt quando aveva 6 anni, o a Jonathan che e’ morto la settimana scorsa di leucemia linfatica acuta.

Questo scritto ha le caratteristiche di una comunicazione descrittiva e quindi non riesco a presentarvi dei dati numerici per supportare quanto dico, almeno per il momento. Potremmo magari organizzare una raccolta dati se la cosa interessasse a molti lettori del blog.

Ciononostante il dato che ultimamente e’ emerso con prepotenza e’ l’alto numero di carcinomi dell’esofago, soprattutto nelle popolazioni di etnia Borana, Turkana, Rendille e Somala.
Normalmente si tratta di un tumore dell’esofago distale, ormai in fase molto avanzata, tanto da aver gia’ causato stenosi totale ed impossibilita’ alla nutrizione.
Anche il carcinoma dello stomaco sembra in notevole aumento, e questo dato non pare essere correlato con alcuna etnia in particolare.
Altra neoplasia decisamente frequente e’ il tumore maligno del fegato o epatoma. Le ragioni possono essere molteplici. Prima di tutto si deve considerare che c’e’ una alta prevalenza di epatite B cronicizzata fin dai primi anni di vita. Come sappiamo, questa infezione porta spesso alla cirrosi epatica ed in seguito anche alla cancerizzazione (il cosiddetto cancro-cirrosi).
Molti sono anche i casi di cirrosi da altre cause, come per esempio, l’abuso di sostanze alcooliche, o la bilharziosi. Anche in questo caso ci puo’ essere la possibilita’ di un epatoma sovraimposto.
C’e’ poi il fatto che a volte in Africa si mangiano arachidi crude o poco cotte. Queste contengono una sostanza cancerogena per il fegato, chiamata aflatossina.
Frequenti sono anche i casi di linfoma, e di leucemia.
Nelle donne sono in aumento sia il carcinoma della mammella (abbiamo fatto una mastectomia totale ad una ragazza di 26 anni con un istologico positivo), sia quello dell’ovaio, sia quello della cervice uterina. Ci sono poi sporadici casi di carcinoma del prodotto del concepimento (coriocarcinoma e mola invasiva), e di tumore maligno dell’endometrio (quest’ultimo soprattutto nella donna anziana).
La pandemia HIV ha portato ad un aumento importante dei casi di sarcoma di Kaposi.
Anche il gozzo, pur essendo in se’ una patologia benigna e molto frequente soprattutto fra le popolazioni del Nord del Kenya, e’ spesso associato a delle forme tumorali, stranamente piu’ nel giovane che nell’anziano.
Con il prolungamento della vita media, sempre piu’ comune sta diventando il riscontro di un tumore della prostata.

Come potete vedere, anche se i dati presentati sono solo di carattere descrittivo, ne deriva un quadro che non e’ molto diverso da quanto troviamo in Europa… e questo sfata completamente il mito secondo cui non ci sono tumori in Africa.
L’impressione generale e’ che ci sia una maggior incidenza di tumori dei globuli bianchi (linfomi e leucemie) e di neoplasie esofagee, rispetto ai Paesi Occidentali.

I tumori per le popolazioni povere sono un dramma ancora maggiore, perche’ qui l’assistenza sanitaria generalmente non e’ gratuita e gli interventi chirurgici, la chemio e la radioterapia sono cosi’ costose che molta gente preferisce abbandonarsi al destino, piuttosto che iniziare una cura che poi non sara’ in grado di completare a causa di difficolta’ economiche.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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