giovedì 9 agosto 2018

Speriamo

Giornata davvero pesante, iniziata alle 6 di mattina con un cesareo urgente.
Poi tante fratture da operare, con in mezzo altri due cesarei ed una appendicite acuta.
Alle 18,30 quasi non riesco piu’ a respirare e spero che sia finita.
Anche la pausa pranzo e’ stata di 10 minuti, ma ora non ce la faccio proprio piu’.
Mi preparo una tazza di calcade’ e mi accingo a guardare le ultime notizie sull’ANSA online… ma sento bussare alla porta del mio studio.
Agnes e’ agitata e mi dice che c’e un bambino di cinque mesi con una invaginazione intestinale.
Vorrei sparire ma non posso farlo.
La seguo in pediatria e rimango fulminato dalla bellezza della mamma, che avra’ si’ e no 18 anni, ha un viso dolcissimo e sereno ed un occhio pieno di speranza. In lei non vedo paura o desolazione. Che strano!!!
Le faccio alcune domande sulla salute del piccolo: secondo lei stava bene fino a ieri, quando ha smesso di andare di corpo ed ha iniziato a perdere sangue dall’ano.
E’ calma e sorridente…forse non si rende conto della serieta’ della situazione.
Il bimbo e’ dispnoico ed ha l’addome molto teso…bisogna tornare il sala subito!
La mamma non ha problem a firmare il consenso.
Mbabu dal canto suo e’ bravissimo come sempre con l’anestesia pediatrica.
Io apro l’addome, sostenuto dale mie assistenti piu’ brave (Makena e Marcella).
Tutte le anse sono distese, ma poi troviamo effettivamente una lunga invaginazione che dalla valvola ileo-cecale arriva al retto.


Il colon e’ duro come una pietra, e’ edematoso e cianotico.
Proviamo la de-vaginazione ed in parte ci riusciamo, ma il colon destro si apre durante la manovra e ci impone di cambiare il piano di intervento.
Pratichiamo una emicolectomia destra, resecando la parte necrotica.
Il risveglio e’ problematico e il bimbo ha una notte molto difficile,
con respiro stertoroso ed a volte congesto, con continuo bisogno di aspirazione delle secrezioni, e con glicemie altalenanti.
La mamma ci guarda, mentre ci affanniamo nel post-operatorio.
I suoi occhioni rimangono imploranti ma non disperati; le invidio questa fiducia smisurata nei medici, una fiducia che la salva dalla disperazione.
Oggi siamo in prima giornata post-opratoria.
Sono passato a vedere il paziente anche prima di andare a messa.
Il bimbo ha la pancia sgonfia, il respiro e’ migliorato e le condizioni sono davvero incoraggianti.
La mamma e’ serena come sempre,e noi…speriamo bene.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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