domenica 11 novembre 2018

Una mail di Irene

Ciao Beppe, come stai? Come va a Chaaria?

Qui a Firenze tutto bene, sono rientrata nella solita routine anche se vi rivolgo un pensiero tutti i giorni.
Ieri ho fatto i Samoza per la mia famiglia e son piaciuti molto, nonostante la diffidenza iniziale.
Mio Babbo ha letto il tuo primo libro e si è messo a piangere (e lui non piange MAI), io li ho già letti entrambi e mi son piaciuti molto, si avverte tanto la crescita e il cambiamento che hai avuto e non solo come medico ma soprattutto umanamente.
Nei primi racconti c'è molta Europa, via via che si va avanti questa visione lascia spazio a qualcosa di più grande, più umano.
Quando li leggevo mi sembrava di essere lì, di vivere le stesse emozioni e le stesse speranze. mi è piaciuta molto anche la scelta di raccontare i tuoi "fallimenti" e tutte le volte che non ti sei sentito all'altezza: in un mondo che ci vuole sempre pronti a tutto e a tutti, dove i medici decantano sempre i loro successi e mai gli insuccessi, è bello sapere che ci si possa ancora sentire piccoli, impauriti e inadatti e che tutto questo non sia solo un mero giudizio ma qualcosa di cui prendere coscienza per ricordarci che siamo esseri umani.


Un abbraccio Beppe,

Irene

Nella foto i samoza di ieri


PS: I due libri su Chaaria:
1) BEPPE GAIDO CON MARIAPIA BONANATE. AD UN PASSO DAL CUORE. EDIZIONI SAN PAOLO (2013).

2) BEPPE GAIDO, MARIAPIA BONANATE, POLVERE ROSSA. EDIZIONI SAN PAOLO (2015)

Li trovi entrambi online, per esempio su Amazon, Mondadori, Feltrinelli, San Paolo, Libreria del santo, ma anche nelle librerie se li ordini. Ovviamente li trovi anche nelle librerie San Paolo e Paoline.
Con i diritti d'autore aiuterai anche l'ospedale di Chaaria: infatti i diritti d’autore sono tutti per i malati poveri.
Grazie

Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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