domenica 30 dicembre 2018

Il sole brilla... ed i malati fioccano da ogni parte

Il cielo e' di un blu terso, ed il caldo e' torrido e piacevole: non c’e’ un filo di vento, ma non e’ afoso. Sembra di essere in Sicilia, nella valle dei templi.
Queste condizioni climatiche hanno incoraggiato molti ad avventurarsi sulle nostre strade ormai gravemente rovinate dalle piogge, ma oggi completamente asciutte.
Oggi l’ambulatorio pullula nonostante sia domenica. Ci sono grida da ogni parte, e naturalmente gente che litiga perche’ vuol passare prima degli altri.
In fondo la natura umana e’ la stessa a tutte le latitudini: quelli che chiamiamo i nostri pazienti diventano ogni giorno meno pazienti, e si lamentano sempre... anche la domenica; dicono di venir da lontano, di non avere mezzi di trasporto per ritornare a casa, di essere stanchi di attendere, ecc.
Anche oggi ho dovuto sentire questa canzone a partire dal mattino, e tra me pensavo che davvero l’essere umano rischia di essere incontentabile.
Offriamo a tutti un servizio di eccellenza; eseguiamo in una sola giornata degli esami che anche in Italia vanno prenotati in precedenza con liste di attesa di vari mesi; siamo l’ospedale piu’ a buon prezzo di tutto il distretto, siamo gli unici a funzionare a ritmo normalissimo anche durante le feste natalizie... eppure quel che sentiamo sono sempre lamentazioni (siamo lenti, si aspetta troppe ore per essere visitati, e cosi’ via).



Nessuno poi si rende conto che, se tardiamo a prenderci cura di lui, e’ perche’ ci sono altri problemi o emergenze da qualche altra parte dell’ospedale.
Quando pero’ un paziente, invece di dirmi i suoi problemi di salute, senza nemmeno salutare prende ad apostrofarmi: “ma lo sai che ho aspettato per piu’ di 5 ore e che vengo da molto lontano...”, allora veramente devo fare uno sforzo per mantenermi calmo e per resistere alla tentazione di rispondergli in modo sgarbato.
Quando ci sono momenti del genere, sto zitto; invito il malato a sedersi un momento; vado a fare due passi in corridoio e poi torno per continuare la visita, senza fare alcun riferimento a quanto poco prima mi ha irritato. 
So che molti lo fanno per ignoranza; sono cosciente del fatto che non si rendono conto del nostro carico di lavoro (per esempio ora quasi mai riusciamo ad andare a pranzo); ed allo stesso tempo comprendo che una mia parola detta male ad un malato puo’ diventare un boomerang, perche’ poi lui andra’ a spargere la “buona novella” di quanto siamo scortesi.
Per questo mi sforzo di perdonarli sempre, e di considerare ogni paziente come un dono di Dio, perche’, se continuano a venire nonostante i nostri limiti ed i tempi di attesa a volte snervanti, e’ perche’ sono ancora contenti di noi... immaginate che cosa sarebbe Chaaria se i malati smettessero di venire! Io mi sentirei morire se l’ambulatorio fosse vuoto! 
Cio’ sarebbe un segno chiaro che il Signore non ci benedice piu’... mentre, quando vediamo i nostri reparti pieni ed il pronto soccorso invaso dagli ammalati, il nostro cuore gioisce perche’ indirettamente sappiamo che Dio e’ ancora contento di noi, nonostante tutti i nostri limiti.

Fr. Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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