venerdì 8 febbraio 2019

Sono le 5 di mattina

Ero andato a letto dopo mezzanotte a causa di emergenze in reparto di medicina.
Quando mi hanno chiamato alle 5 mi sarei suicidato! La telefonata aveva un tono diverso dal normale.
Non la solita parola magica: "cesareo", ma una voce concitata che mi dice: "ha partorito poco fa, ma sanguina ancora. Sta diventando confusa".
Non mi sono fatto aspettare e sono corso in maternita'.
La cosa sconvolgente e' che al mio arrivo ho trovato una donna che sanguinava pochissimo ma stava dando gli ultimi respiri.
Mi sono agitato.
Ho tentato la rianimazione, ma lei e' morta in pochissimi istanti, ancor prima che riuscissi a fare le prove crociate per trasfonderla.
A guardarla in quel momento sembrava molto anemica, anche se l'emocromo ci indicava una emoglobina di 7 grammi.
Non credo abbia perso piu' di 200 ml di sangue, eppure non ce l'ha fatta e noi siamo devastati.
La cosa stranissima e' che in travaglio stava benissimo, dopo il parto parlava e poi tutto e' capitato cosi' in fretta: dapprima ha detto di aver molta sete, poi e' diventata agitata e quindi e' morta.
Il neonato sta bene, ma la sua mamma non c'e' piu'.
Tra la chiamata ed il mio arrivo saranno trascorsi si' e no 3 minuti.
Tra il mio intervento medico e la morte sono trascorsi altri 5 minuti circa.
E' stato tutto cosi' veloce e devastante.


La morte in sala parto e' un evento raro, ma quando capita ci distrugge davvero.
Povera donna! Sara' stata l'anemia ad ucciderla?
Povero piccolo, che e' venuto alla luce senza poter nemmeno vedere la sua mamma!
Povero marito che ora si trova con due figli e senza consorte!

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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