lunedì 11 marzo 2019

David è volato in cielo

David Kiambi e' stato ricoverato presso il centro Buoni Figli per oltre 25 anni.
Era affetto da handicap mentale gravissimo e da deformita' importanti ai piedi.
E' stato pero' in grado di deambulare, con l'ausilio di speciali calzari ortopedici, fino a circa due anni fa. Da allora e' stato costretto alla carrozzina.
Non parlava, a parte alcune parole ripetute a volte in modo sconnesso.
Fr Giovanni Bosco lo aveva soprannominato "filosofo", a motivo del modo in cui camminava.
Da circa un anno David aveva sviluppato un'ulcera cronica all'arto inferiore, un'ulcera che non riuscivamo a far rimarginare.
Avevamo fatto una biospia e, con sorpresa, avevamo trovato una forma rarissima di osteosarcoma, appena sotto il ginocchio.
Avevamo amputato la gamba alcuni mesi fa, anche perche' la ferita era continuamente infetta e necrotica.
L'intervento purtroppo non e' riuscito a fermare le metastasi: c'e'stata dapprima una recidiva  locale sulla cicatrice operatoria. poi abbiamo notato linfonodi ingranditi all'inguine.
Da circa dieci giorni David era diventato dispnoico, e lo avevamo ricoverato in ospedale.


Con gli esami diagnostici, la dispnea era risultata secondaria a metastasi polmonari.
Gli abbiamo fatto tutte le terapie possibili per fare in modo che non avesse male e che potesse respirare il meglio possibile.
Una medicina palliativa e umanitaria insieme.
Ieri notte alle 2 e' volato in cielo.
Ora e' un angioletto del Paradiso, e sappiamo che prega per noi.
Siamo riusciti ad accompagnarlo fino alla morte, dopo essere stati con lui per tutti questi anni.
Siamo stati davvero la sua famiglia.
Buon viaggio, David!

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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