sabato 18 ottobre 2008

Lettera di Silvia

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Caro Beppe,

anche questo giro della mia avventura a Chaaria volge al termine e mi ritrovo con la pena nel cuore a fare il bilancio di queste tre settimane passate qui con voi.
Non è facile, anche perchè la mia testa ed il mio cuore sono traboccanti, e quando è così, esprimere a parole o per iscritto ciò che provo è un’ardua impresa.
Partiamo dalle cose semplici: Chaaria per me ormai è un po’ una seconda casa; come ti dicevo ieri sera, non sento nostalgia dell’Italia e mi sembra di essere più serena qui che ultimamente là. Il bilancio è assolutamente positivo, almeno da parte mia.
Sono stata anche fortunata: sono partita senza conoscere nessuno, ed ho trovato un gruppo di gente splendida... la prima sorpresa è stata di trovare qui Ezio, che già avevo conosciuto per un breve periodo l’anno scorso, e che quest’anno si è dimostrato una persona veramente speciale, e con il suo esempio ci ha dato una lezione di vita. Poi Milena, sempre presente e disponibile, elemento stabilizzante del gruppo; Katia sempre entusiasta; Valentina che non riusciamo più a tirare via dai “Buoni Figli”; Lorena, solare e sensibile, elemento centrale del gruppo. Ed infine Max, paziente e disponibile, oltre che ottimo chirurgo, e Pinuccia infaticabile e disponibile, che ti sarà di supporto nei prossimi mesi.
Il lavoro è sempre tanto, ma è stato affrontato con entusiasmo ed allegria, per cui anche i famosi cesarei delle 11 di sera sono diventati occasioni di confronto e di collaborazione.
Quest’anno anche il rapporto con i “fratellini” è stato per me molto positivo, e con una parola d’Italiano e due d’Inglese siamo riusciti a capirci e a creare un rapporto.
Come sempre ho la sensazione di andare via portandomi a casa assai di più di quello che ho potuto dare... L’esperienza mi è senz’altro servita molto anche per quanto riguarda il mio lavoro, non tanto per la parte tecnica, ma soprattutto a livello relazionale: penso che quando mi capiterà in reparto una persona che non parla Italiano, ripenserò a come ci si sente ad essere in mezzo a persone che non capisci, e cercherò di essere più attenta e disponibile.

Silvia




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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