mercoledì 3 dicembre 2008

La Missione di Tuuru


Nell’Africa equatoriale, ed in particolare in Kenya, il problema della poliomielite era veramente importante, malgrado le campagne di vaccinazione organizzate dal governo. L’attuazione di tali campagne di prevenzione incontrava notevoli difficoltà, sia per l’estensione dei territori interessati, sia per l’assenza di infrastrutture e di vie di comunicazione.
La polio era una fonte di grandi problematiche sociali, in quanto normalmente non uccideva le persone affette, ma le rendeva gravemente handicappate, impedendo loro sia una vita autonoma, sia la possibilità di lavorare per provvedere alla famiglia. La polio era dunque una importante causa di povertà e di vita miserabile per molti individui affetti, e per le loro famiglie. Nel 1963 un Padre della Consolata, Padre Franco Soldati, si preoccupò di porre un qualche rimedio a questa tragica situazione, raccogliendo ed ospitando i piccoli poliomielitici della zona di Tuuru, nel distretto di Meru. Il primo bambino handicappato accolto fu Mwembe, a cui seguirono rapidamente altri, finchè nel 1967 una trentina di piccoli disabili veniva ospitata presso la missione di Tuuru. Un maestro ne curava l’educazione elementare, un cuoco preparava loro il cibo, mentre l’assistenza era assicurata da un piccolo gruppo di Suore della Consolata. Giunsero anche aiuti economici, e fu possibile costruire dormitori, un refettorio, una piccola palestra per iniziale la rieducazione funzionale. La popolazione locale collaborava sia con offerte in natura, sia con contributi finanziari raccolti durante speciali adunanze chiamate HARAMBEE.


L’opera prosperò notevolmente, e la struttura dovette essere ampliata, fino ad una capienza di 250 posti letto: assieme ai poliomielitici venivano accolti anche portatori di handicap mentale e affetti da paralisi spastiche. L’opera si ingrandiva notevolmente, ed insieme diventavano ingenti le spese di mantenimento.
Sempre più l’opera diventava difficile da gestire per Padre Soldati, la cui formazione era più di carattere pastorale e missionario che non di indole socio-sanitaria.
Durante le sue vacanze in Italia, egli si recò presso la Piccola Casa, chiedendo collaborazione per il miglioramento del servizio a Tuuru. Padre Luigi Borsarelli, ai tempi Padre generale del Cottolengo, e Madre Bianca Crivelli si dimostrarono molto interessati alla proposta, e, dopo aver visitato la Missione insieme a Sr Giuseppina Cibocchi, conclusero che “quello era pane per i loro denti”
L’idea dei superiori era quella di trasformare Tuuru in un vero e proprio centro di riabilitazione e di recupero per i poliomielitici, avvalendosi anche della collaborazione del Prof Operti che si era nel frattempo reso disponibile ad una preziosa opera di volontariato come chirurgo: l’idea fu quella di concentrare in un periodo particolare dell’anno tutti i casi che avrebbero potuto trovare giovamento da un intervento chirurgico. Il prof Operti si sarebbe recato in Kenya per 2 o 3 settimane, performando tutti gli interventi chirurgici richiesti; la riabilitazione sarebbe stata affidata alle suore cottolenghine. Fin dai primi accordi fra P. Soldati e la Piccola Casa, ci fu il chiaro intento del Cottolengo di subentrare gradualmente ai Padri della Consolata nella gestione del Centro, permettendo così a Padre Soldati di riprendere altrove la sua missione.

L’ARRIVO DEI FRATELLI COTTOLENGHINI
Insieme al secondo gruppo di suore, costituito da Sr Giacomina Marchisio e da Sr Oliva Maninetti, partirono anche due fratelli cottolenghini, Fr Lodovico Novaresio, primo superiore generale della nostra famiglia religiosa, e Fr Umberto Benecchi. I Fratelli si inserirono gradualmente nell’organico lavoro della missione di Tuuru; dopo un primo periodo dedicato allo studio della lingua inglese e kimeru, Fr Lodovico iniziò il proprio servizio al dispensario, dove ogni giorno affluivano circa duecento persone, affette da vari tipi di malattie: Fr Lodovico divenne poco per volta il vero dottore dei poveri che a lui si rivolgevano per la competenza, la gentilezza e l’amore cristiano, ma anche per i prezzi veramente bassi ed addirittura simbolici delle medicine. Fr Lodovico, oltre ad essere il medico della povera gente, si occupava anche della produzione agricola nella “shamba” della missione, e collaborava con il Prof Operti per gli interventi chirurgici ai bambini polio ricoverati nella missione. Fr Umberto ben presto imparò l’arte di confezionare scarpe ortopediche e calipers per i piccoli handicappati di Tuuru: a lui ci si rivolgeva per ogni tipo di problema tecnico ortopedico. Inoltre, essendo di professione falegname, Fr Umberto era anche incaricato di costruire tutti i mobili che venivano ad abbellire le nuove costruzioni della nascente succursale cottolenghina di Tuuru.

I SACERDOTI COTTOLENGHINI
Il primo sacerdote cottolenghino inviato a Tuuru fu don Giusto Crameri. Fin dall’inizio egli si inserì pienamente nella vita pastorale della parrocchia di Tuuru, collaborando da vicino con Padre Soldati, al fine di conoscere sempre meglio la cultura locale della gente, i loro costumi e le loro tradizioni religiose. Nel 1973, durante una visita canonica dei 3 Superiori della Piccola Casa, si conclusero gli accordi con Padre Soldati e con i Superiori dei Missionari della Consolata, per un passaggio definitivo del Centro e della Parrocchia di Tuuru alla Piccola Casa. Don Giusto divenne il primo rettore ed il primo parroco cottolenghino in terra d’Africa.


LA MISSIONE COTTOLENGHINA DI TUURU
Con la gestione del Centro di Tuuru da parte della Piccola Casa, venne dato un nuovo impulso all’edilizia con la costruzione di un reparto per i Buoni Figli, una nuova casa per il ricovero delle bambine, la palestra, l’officina ortopedica, la calzoleria ed il nuovo dispensario.
Il Centro sempre più si veniva qualificando come una struttura per la terapia chirurgica e riabilitativa dei bambini affetti da Poliomielite. Il Trattamento Chirurgico veniva eseguito dal Prof Operti, che ogni anno giungeva in Kenya nel mese di Febbraio, con l’incarico di operare tutti i bambini, che erano stati prescelti dalle Suore nel corso dell’anno. La parte di recupero funzionale era quindi lasciata alle sorelle fisioterapiste, che per molti mesi cercavano di recuperare motilità agli arti malformati, tramite una paziente e continua attività di rieducazione motoria. Tale attività è continuata fino al 1999, quando si è deciso di riconvertire l’attività della Missione di Tuuru ai bambini spastici, cerebrolesi gravi. Tale scelta è stata a lungo ponderata ed è nata dalla considerazione che dopo molti anni di campagne di vaccinazione anti-polio, il numero dei bimbi affettti dalla malattia era radicalmente diminuito.
Da sempre Tuuru è stato anche un centro di accoglienza per i giovani buoni figli, ed ancora oggi accoglie un discreto numero di handicappati mentali, per lo più di sesso femminile.
Tuuru è anche l’unica parrocchia cottolenghina in Kenya: è una parrocchia molto grande ed esigente, con un vasto numero di chiesette succursali che vengono visitate regolarmente dai Sacerdoti e dai Catechisti. Grazie al coraggio di don Fiorenzo Crameri la missione ha costruito e gestisce una grande scuola elementare per i poveri, dove più di 1000 bambini bisognosi vengono accolti e seguiti nella loro educazione primaria.

Fr Beppe Gaido



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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