martedì 19 agosto 2008

La Matron dell'Ospedale


Sr Florence è venuta a colmare una grande lacuna del nostro ospedale, almeno nel corso dell’ anno intercorso tra la partenza di Fr Maurizio ed il suo arrivo.
E’ difficile per me spiegare cosa sia una “Matron”. E’ una figura tipica del mondo anglosassone e dell’organizzazione sanitaria britannica. E’ la caposala, ma non di un singolo reparto, bensì di tutto l’ospedale, e come tale è la responsabile di tutti i servizi infermieristici. Inoltre è la “capo personale” e quindi si occupa di tutto ciò che riguarda i dipendenti: dai turni di servizio, al mansionario, dall’organizzazione dei vari miglioramenti necessari all’ospedale alla programmazione della lavanderia, dal laboratorio analisi alla farmacia e alla fisioterapia. Si cura, inoltre, dei nostri rapporti con il sistema sanitario nazionale e la diocesi di cui l’ospedale fa parte.
Immaginate come potevo fare tutto questo dopo la partenza di Fr Maurizio. Erano tutte aree per lo più disattese ed ora nuovamente rinvigorite da Sr Florence che ha già realizzato innovazioni molto importanti.
La nuova “Matron” è inoltre preparata nel counseling per i pazienti HIV e si sta prodigando per migliorare anche questo aspetto del nostro servizio. Spesso mi dà una mano in sala dentistica quando dobbiamo sostituire Br Godfrey per le otturazioni.

Ciao. Beppe.


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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