mercoledì 27 ottobre 2010

Fortunatamente c'era Antonello

La paziente e’ gia’ anestetizzata ed abbiamo iniziato a rimuovere il tumore della mammella.
Ad un certo punto si apre la porta della sala, e fa capolino la testa di Susan, la quale dice: “Dr Beppe, per favore sei urgentemente richiesto in sala parto. Il Dr Ogembo ha bisogno di te”.
Alzo lo sguardo e fisso Antonello negli occhi.
Lui acconsente, asserendo che avrebbe continuato per un po’ con Makena.
Mi “sguanto” e mi dirigo verso la maternita’.
Ogembo e’ stressato, e mi comunica: “questa donna ha un arresto della discesa del nascituro. Il battito cardiaco fetale non e’ buono, e non sono riuscito a farla partorire con la ventosa ostetrica. Possiamo portarla in sala?”.
“Mi dispiace Ogembo, ma l’intervento e’ iniziato e l’altra malata e’ in condizioni precarie”.
“Ma questa donna non puo’ attendere cosi’ a lungo per il cesareo. Ci vorrebbe una seconda sala per le emergenze!”
“Lo so anche io che sarebbe veramente utile, ma bisogna pur fare i conti con la realta’. Datemi il forcipe!”
“Ma il forcipe e’ pericoloso!”
“Lo so benissimo, ma dimmi quale alternativa abbiamo, visto che la sala e’ occupata!”
La mano di Dio pero’ era gia’ li’ a nostra disposizione per aiutarci. Il forcipe viene posizionato senza difficolta’, ed otteniamo il parto in pochissimi minuti, senza causare neppure un segno sulla fronte del neonato, che ora piange davanti a noi.
“Susan... Ogembo, pensate che io possa andare?”
“Certamente, continuiamo noi... thank you”
Rientro in sala e mi “lavo” nuovamente.
Antonello e’ troppo preso dalla rimozione della mammella e non mi chiede neppure che cosa sia successo. Rapidamente riprendo il mio posto, e faccio da secondo, lasciando libera Makena per le sue incombenze di strumentista”

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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