domenica 28 novembre 2010

Pamela e Sharon

Sono tenerissime, della tenerezza innocente che e’ di tutti i bimbi non ancora rovinati da pensieri e preoccupazioni adulte.
Hanno deciso di venire a trovarmi dopo la Messa dell’ospedale. Non si puo’ proprio dire che siano vestite in abiti domenicali, ma ho parlato con la mamma e le ho detto che le bambine devono lavarsi e cambiarsi, visto che ora hanno uno sponsor.
I vestiti li abbiamo comprati, ma chissa’ dove sono andati a finire in quella casa disordinata come come il cervello della madre.
Come ho detto in precedenza, io seguo questa famiglia tramite il nostro watchman, che si e’ reso disponibile ad aiutarmi nelle visite domiciliari.
Adesso Joseph Mwarania e’ in ferie, e per me e’ un po’ piu’ difficile star vicino alle bambine senza di lui. Ma con dicembre Joseph tornera’, e sicuramente avro’ dei contatti piu’ frequenti con la famiglia.
La cosa positiva e’ comunque che entrambe hanno finito la scuola e non hanno fatto grandi assenze.
Il cibo non manca. Infatti la mamma viene rifornita delle vettovaglie necessarie tramite Joseph, che le ha lasciato una buona quantita di “spesa” prima delle sue vacanze.
Ho controllato le scatole delle medicine per Pamela: manca solo una settimana alla fine della terapia profilattica e, dal conto delle compresse rimaste, posso assicurarvi che almeno circa la terapia antiretrovirale, quella mamma e’ molto attenta.
Abbiamo ripetuto il test HIV oggi, ed e’ negativo.
Il sorriso di Pamela penso ci possa rassicurare sul fatto che anche le ferite psicologiche paiono guarire pian piano.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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