mercoledì 15 dicembre 2010

E' morto tra le nostre mani

Joshua ha 16 anni ma ne dimostra 8.
Arriva a Chaaria in pomeriggio. Ha la cute molto secca ed i capelli diradati. E’ tutto edematoso, ed ha una emoglobina di 4 grammi.
Naturalmente la prima cosa che ci preoccupa e’ cercare una sacca per la trasfusione, ma il suo gruppo e’ zero... ed al momento non abbiamo neppure una goccia di sangue.
La sua “goccia spessa” e’ negativa; al torace ci sono rumori crepitanti soprattutto alle basi polmonari; ha un timpano perforato con segni evidenti di otite media, ed il suo cuore corre impazzito con ritmo di galoppo e con una frequanza superiore ai 160 battiti al minuto.
“Gli mettiamo un buon antibiotico... certamente ha un’otite ed una polmonite che potrebbero spiegare la febbre a 39. Penso che sia tachicardico sia per l’anemia che per la febbre”, mi dice giustamente Mony. Poi dopo una pausa di riflessione, continua ansiosa: “ma tu glielo metteresti il chinino anche se l’esame e’ negativo?”
Rispondo pacato: “Onestamente non glielo negherei. Quando ero a Londra insistevano sul fatto che la diagnosi di malaria e’ soprattutto clinica, e che quando la sospetti e’ meglio iniziare la terapia anche su un test negativo. Infatti la percentuale di parassiti in circolo (pensando al plasmodium falciparum) e’ relativamente bassa, e normalmente limitata al momento in cui la febbre va su.
Finche’ non saremo in grado di fare delle indagini anticorpali, un test per la malaria ci serve soprattutto quando e’ positivo. Ogni qualvolta e’ negativo, non ci autorizza ad astenerci dalla terapia... soprattutto considerando l’alta mortalita’ dovuta al falciparum”.
Mony si convince, ma in lei nasce un’altra domanda: “ma perche’ questo bambino e’ cosi’ edematoso? E’ possibile il kwashiorkor a questa eta’?”
“Mi sembra un po’ strano! E’ vero che il nostro paziente dimostra la meta’ dei suoi anni, ma il kwashiorkor e’ tipico di eta’ inferiori alla sua. Facciamogli un esame urine: sia malaria che febbre reumatica sono per noi un flagello, ed entrambe possono complicare con insufficienza renale e sindrome nefrosica”
“Okay, richiediamo creatinina, azotemia ed urine con procedura d’urgenza. Nel frattempo speriamo di trovare un po’ di sangue. Per ora continuiamo con antibiotici e chinino”.
Ma la situazione di Joshua precipita inaspettatamente e rapidamente: diventa sempre piu’ dispnoico; non riesce a stare coricato perche’ in quella posizione la fame d’aria e’ peggiore.
“Sembra uno scompenso cardiaco; facciamo un’ eco per vedere se fosse “tamponato”.
Lo portiamo nel mio studio tenendolo in braccio... e’ cosi’ denutrito che pesa pochissimo, nonostante gli edemi.
Anche l’ecografia e’ difficoltosa a causa dell’agitazione dovuta alla mancanza di respiro. Eseguiamo l’indagine con paziente seduto.
Con sorpresa noto che il cuore e’ piccolo e si muove bene; il problema e’ la frequenza cardiaca, cosi’ elevata da impedire il riempimento ventricolare in diastole: “pare una dispnea da scompenso ad alta portata: in pratica questo cuore e’ normale, ma e’ sottoposto ad uno stress tale, da essere sull’orlo del tracollo. Inoltre pompa cosi’ rapidamente che le sue contrazioni agitano dei ventricoli vuoti, con il risultato che non c’e’ sangue in circolo”.
“E quale sarebbe la causa di tutto cio’?”
“Lasciami ancora dare uno sguardo in giro... ecco: guarda questi reni. Sono bruttissimi; c’e’ anche un inizio di idronefrosi. Credo che il nostro bambino abbia avuto da anni un danno renale da febbre reumatica. L’insufficienza renale potrebbe essere la causa anche della sua anemia; e quest’ultima parrebbe una delle ragioni del sovraccarico cardiaco, oltre che dell’edema diffuso”.
“E poi una malaria od un’otite avrebbero portato al tracollo il suo equilibrio precario a motivo soprattutto della febbre”.
“Sembra un’ipotesi plausibile, ma non facciamo accademia; pensiamo a Joshua... Prova a scaricarlo con dei diuretici. Inoltre dobbiamo assolutamente ridurre la frequenza, prima che quel cuore scoppi”.
“Ha il potassio basso, ma possiamo fare lasix ed aldactone insieme. Possiamo anche provare con del lanoxin endovena. Sei d’accordo?”
“Perfetto! Inseriamo pure un catetere; cosi’ vediamo se risponde ai diuretici... penso che il margine di probabilita’ di un eventuale successo non superi il 5%”.
Mony e’ depressa, e risponde con un cenno di assenso del capo.
Ma Joshua e’ ormai al capolinea. Mile sta preparandosi per cateterizzare, quando vediamo un fiotto di escreato rosa uscire dalla labbra del giovane paziente.
Il suo respiro si fa stertoroso, ed una cupa marea di rantoli sale rapidamente dalle basi fino agli apici polmonari.
“E’ in edema! Corri con il lasix”.
Ma Joshua ci saluta in un minuto, lasciandoci tutti pietrificati.
I volontari italiani si disperano.
Io mi stringo nelle spalle e penso che Joshua e’ solo uno dei tanti nostri fallimenti. Si affaccia alla mia mente la solita domanda: si sarebbe salvato se fosse nato in Italia?
Ma poi mi rendo conto che si tratta di un’inutile fantasia.
Rispetto il pianto di chi e’ nuovo a Chaaria, e lo ritengo un dono anche per me, in quanto mi aiuta ad essere meno cinico e freddo... ma preferisco andare in pediatria dove un altro bimbo sta lottando tra la vita e la morte a causa della malaria.

Fr Beppe Gaido



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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