[...]...Vennero poi due epidemie di colera a cavallo tra il 1998 ed il 1999. I pazienti arrivavano gravissimi, con diarree profuse ed estrema disidratazione. Qualcuno moriva per strada. Ricordo vividamente una mamma che arrivo’ trafelata nel nostro dispensario… aveva camminato per 4 km, e ci disse di andare in fretta con la macchina a prendere suo figlio che era gravissimo e non riusciva a camminare. Partimmo subito, ma trovammo il giovane morto dietro ad un cespuglio, dove la madre lo aveva lasciato perché troppo debole per continuare. Vedevamo gente morire dopo poche ore dall’inizio dei sintomi. Li vedevi barcollare, accasciarsi a terra e passare a miglior vita nella sala di attesa del dispensario. Anche questa volta ci parve di capire che il Signore ci chiedeva qualcosa di diverso: nella stanza dove facevamo le vaccinazioni apprestammo dunque 4 letti; altri li preparammo in corridoio in modo da arrivare a 10-12. Moltissimi furono i casi da noi ricoverati durante l’epidemia, e solo 1 ragazzo morì.
Ci fu poi la sofferta decisione di iniziare a trasfondere i bambini anemizzati dalla malaria. Era una vera moria. Arrivavano con delle congiuntive bianche come un foglio di carta, ansimanti e agonici. Tutto quello che potevamo fare era dire loro di andare ad ospedale più grande, perché noi non eravamo attrezzati per le trasfusioni. Spesso però venivamo a sapere che i bambini erano morti per strada prima di arrivare.
Anche qui cercammo di capire che cosa il Signore ci stesse chiedendo. Con L’interessamento di fr Maurizio, fui accolto nell’ospedale camilliano di Karungu (a 800 km da noi). In 10 giorni imparai le tecniche di determinazione del gruppo sanguigno e prove crociate; ritornai a Chaaria ed iniziammo la stupenda avventura delle trasfusioni: da quel momento si videro veri miracoli. Bambini moribondi rinascere dopo poche ore grazie al sangue che ritornava a fluire nelle loro vene; bimbi entrati agonizzanti che mangiavano voracemente dopo poco più di 4-5 ore.
E che dire del primo raschiamento uterino? Maurizio mi chiamò alle 11 di sera per una ragazza con un aborto incompleto. Il sangue era tantissimo. I parenti mi guardavano con occhi imploranti, ma io non sapevo fare un raschiamento. Non avevo mai visto!
Con sofferenza decisi di dire ai parenti di andare ad un ospedale dove ci fossero dei buoni ginecologi. Tutti uscirono ed io andai a letto, non senza un peso sul cuore. Dopo tre giorni decisi di chiedere informazioni (la paziente era infatti di Chaaria): la notizia fu per me un vero shock. Quella bellissima ragazza era morta di anemia, perché i parenti non avevano soldi e dovevano aspettare il giorno di mercato per vendere una mucca al fine di poter pagare l’ammissione in ospedale. Immediatamente decisi che casi del genere non avrebbero più dovuto ripetersi. Fr Lodovico mi disse che gli strumenti ostetrici erano disponibili in magazzino. Io iniziai a studiare, ed il Signore davvero mi ha sempre aiutato, perché i raschiamenti sono sempre andati bene, anche prima che Carmen, ginecologa del Sant’Anna, venisse a Chaaria e mi insegnasse la tecnica corretta.
Storia analoga fu quella dei parti. Non avevamo deciso di iniziare la maternità. A tutte le donne dicevamo che il nostro era un dispensario, e che non avevamo servizi ostetrici. Ma la donna africana ha un’idea quasi onnipotente del medico: il dottore, soprattutto se bianco, deve saper fare tutto!
E quindi non se ne andavano; stavano sedute al cancello e partorivano per terra. Noi poi dovevamo accorrere per il bambino e per assistere le mamme nel post partum. Decidemmo che questa situazione era insostenibile ed iniziammo l’avventura della maternità con tanta incoscienza. Io non sapevo nulla, ma mi affidavo all’esperienza delle infermiere, soprattutto di Beatrix, che è colei che davvero mi ha insegnato quasi tutto in questo campo.
Ma la maternità complicata fu il nostro incubo per tanti anni. Quando il travaglio non progrediva, o ci accorgevamo che c’erano controindicazioni assolute al parto naturale, dovevamo partire alla volta di un ospedale più grande, per portare la mamma in sala operatoria. Spesso le complicazioni avvenivano nelle ore notturne, e solo Dio sa quante volte Fr Lorenzo doveva rischiare la propria vita uscendo di notte, per una strada accidentata nella stagione secca e terribilmente scivolosa nella stagione delle piogge. Solo Dio sa quante volte la macchina è andata fuori strada, o si è rotta di notte, obbligandoci a dormire nell’auto o a tornare a piedi camminando per vari km. Quante volte poi soprattutto Fr Lorenzo ha rischiato di essere attaccato da ladri e malfattori.
La situazione era per noi psicologicamente molto difficile, ma poi la Provvidenza ci mandò Laura, che con coraggio decise di insegnarmi la tecnica del taglio cesareo. All’inizio ci fu tanta paura, ma poi prendemmo la mano ed ora siamo felicissimi di essere in grado di fornire anche questa prestazione alle mamme che vengono da noi fiduciose di essere aiutate anche in caso di complicazioni. E le donne semplici e povere della nostra zona hanno davvero apprezzato questi nostri sforzi, visto che ora abbiamo circa 6-7 parti al giorno, ed una media di 7-10 cesarei alla settimana.
L’ospedale e’ quindi cresciuto sulla spinta della gente, sui bisogni della popolazione, e sovente come risposta immediata a situazioni drammatiche attraverso cui noi abbiamo intuito la voce del Signore che ci chiedeva di fare qualcosa di concreto.
Per questo osiamo sperare che il nostro impegno sia in linea con la volonta’ di Dio, in quanto non ci sono stati piani preordinati a tavolino, ma sempre un impegno nato in risposta ad eventi drammatici che noi crediamo permessi dalla Provvidenza.
Fr Beppe Gaido
Nessun commento:
Posta un commento