giovedì 23 dicembre 2010

Proud to be kenyan

Il titolo da loro scelto potrebbe essere liberamente tradotto: “orgogliosamente kenyoti”... e lo si vede. E noi siamo veramente felici di avere con noi Wilson e Paul come volontari durante le vacanze di Natale.
Wilson, assistente di sala diplomato, ci sta dando una grossa mano nel dipartimento chirurgico, ora che Makena e’ in ferie.
Paul serve i malati piu’ gravi del reparto generale con mansioni che in Italia potremmo dire di OSS.
Li ringraziamo di cuore per la presenza a Chaaria.
Paul e’ ormai alla decima esperienza di volontariato con noi. Di lui ammiriamo una dedizione encomiabile ai malati... un amore ed una donazione senza orari e senza riserve, da cui anche noi religiosi abbiamo molto da imparare.
Wilson, alla seconda esperienza di volontariato a Chaaria, si dedica alla sala operatoria a tempo pieno... ed e’ disponibile anche alla notte (per esempio stamattina alle 6 per una grave ferita da ‘machete’ che ci ha obbligati a suturare il viso sfigurato di un malcapitato “incappato nei briganti”). Anche Wilson e’ pieno di entusiasmo e sempre disponibile.
Paul e Wilson sono la testimonianza vivente che il volontariato comincia a svilupparsi anche in Kenya. Certo, i numeri sono bassi rispetto a quelli dell’Italia, ma sono convinto che potranno aumentare in futuro.
Li ringraziamo di cuore di quanto fanno per noi e per i poveri dell’ospedale.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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