giovedì 23 dicembre 2010

Mission accomplished

Anche loro se ne sono andati.
E’ sempre la stessa vicenda che si ripete: quando ci si conosce e si sta bene insieme, arriva il momento della partenza, la quale interrompe un rapporto che ormai filava liscio, tranquillo e senza sobbalzi.
E’ stato cosi’ anche stavolta.
Salutarli, quando salivano in macchina e’ stato il momento piu’ duro e piu’ imbarazzante. Pensavo a tutto l’aiuto ricevuto, ai malati serviti insieme, ai momenti di festa trascorsi in fraternita’, alle chiamate notturne in cui siamo stati fianco a fianco. Ho rimpianto il fatto che questo aiuto per il momento si interrompa.
Oggi e domani per esempio dovro’ barcamenarmi tra estrazioni dentarie, gastro-colonscopie, e normali attivita’ cliniche.
Ho gia’ due cesarei in coda e non so a che ora i malati odontoiatrici saranno serviti, ne’ tantomeno ho idea di quando potro’ fare le endoscopie.
Ma la speranza e’ che tornino ancora.
Giuseppe e’ un plurirecidivo e la nostra speranza per un ritorno e’ saldamente fondata.
Ma anche Monica e Sandra si sono trovate molto bene, ed abbiamo la certezza quasi matematica che ci rivedremo ancora qui a Chaaria.
Ciao, Giuseppe, Monica e Sandra, Buon Natale e Felice anno nuovo... e che Dio vi benedica e vi ricompensi per tutto quello che avete fatto per i poveri ed i sofferenti di questo angolino d’Africa.
Grazie ancora all’Associazione ed a tutte le persone che, con il loro lavoro nascosto in Italia, permettono questo importantissimo turnover di forze nuove per Chaaria.

Fr Beppe Gaido




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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