E’ un tenerissimo bimbo che proviene dall’orfanotrofio di Nkabune, ed e’ con noi gia’ da oltre due settimane.
E’ ormai grandicello, probabilmente vicino all’anno di eta’.
Lo abbiamo ripreso a Chaaria perche’ da mesi non mangiava, continuava a deperire ed aveva una fastidiosissima tosse che gli impediva di nutrirsi ed anche di riposare. Emmanuel aveva anche febbre ed un vomito persistente.
Non sapendo quasi nulla della famiglia di origine, abbiamo prima pensato all’AIDS, ma sia il test HIV che la PCR (Protein Chain Reaction) sono fortunatamente risultati negativi.
Il test per la malaria ha invece dato un risultato positivo, ed abbiamo “messo” il piccolo sotto terapia con chinino endovena. Il vomito e’ stato un vero problema per molti giorni, ma ora pare che stiamo avendone ragione. Grazie a questo la nutrizione e’ migliorata, e cosi’ pure i segni di malnutrizione.
La lastra del torace ci ha indirizzati verso una polmonite, associata a bronchite. Tale reperto ci ha in qualche modo fatto piacere, dal momento che la nostra grande paura era la tubercolosi, visto lo stato di deperimento organico in cui Emmanuel versava al momento del ricovero al Cottolengo Mission Hospital di Chaaria.
Ci sono voluti quasi 14 giorni di Rocefin e chinino, ma ora Emmanuel sta davvero meglio: la febbre e’ scomparsa; non c’e’ vomito e l’alimentazione e’ buona.
Grazie alle volontarie presenti adesso Emmanuel puo’ anche approfittare di lunghe passeggiate vuoi in braccio e vuoi con il passeggino.
Quando guardo gli orfanelli, e li vedo migliorare e crescere, dico a me stesso che e’ stata una decisione importante quella di riaprire il reparto a loro dedicato.
Ed ogni volta che penso alla paura che avevo della tubercolosi per Emmanuel, ringrazio la Provvidenza che si e’ servita di una ingiunzione governativa per farci dividere la stanza degli orfani da quella dei pretermine.
Ora infatti abbiamo quattro “bimbini” di circa un chilogrammo nelle incubatrici: sono fragilissimi e quasi privi di difese. Che dramma sarebbe doverli tenere insieme ad un bambino come Emmanuel, con il rischio di contagiarli con germi da cui non sarebbero capaci di difendersi.
Ma anche questo problema e’ stato superato. Il Signore ci aiuta quotidianamente a fare piccoli passi nella direzione di un servizio sempre piu’ umano e sempre piu’ rispettoso della persona... e particolarmente della persona dei piu’ piccoli ed indifesi.
Diciamo grazie anche ai volontari che hanno creduto in tale servizio e che ci hanno spinti a non demordere dopo la chiusura della precedente esperienza con gli orfani.
A questo riguardo, ricordo con speranza un importante episodio nella vita di San Giuseppe Cottolengo: nel 1828 egli aveva iniziato la sua avventura di carita’ in un locale chiamato “deposito della Volta Rossa”; ma nel 1830 le autorita’ sanitarie del Piemonte Sabaudo ne ordinarono la chiusura per motivi igienici: a Torino infatti imperversava il colera, e l’ospedaletto del Cottolengo era in un condominio. Accogliendo malati gravi, esso poteva essere considerato un potenziale focolaio di infezione.
Ma il nostro Santo non si lascio’ scoraggiare e commento’ che “i cavoli trapiantati crescono meglio”. Ed infatti nel 1832 egli trovo’ una collocazione migliore per la sua Piccola Casa, in un’area che gli concesse poi anche il “tremendo” sviluppo edilizio, che sarebbe risultato impossibile nel condominio della Volta Rossa.
Per il dipartimento degli orfani di Chaaria, anche noi siamo stati invitati a “chiudere” per motivi igienici (del tutto legittimi fin dal primo momento, ed assolutamente benvenuti con il senno di poi).
Questo fatto ci ha portato ad una riflessione sulla necessita’ di continuare un servizio a cui anche il Vescovo di Meru ci spingeva con forza.
Ci siamo guardati intorno, ed abbiamo trovato una soluzione a mio parere piu’ che dignitosa sia per gli orfani che per i nati pretermine... ed anche del tutto rispettosa per Naomi, a cui abbiamo “rubato la camera”.
Nessun commento:
Posta un commento