venerdì 11 febbraio 2011

Una descrizione che calza benissimo per Chaaria

Il post di oggi e’ una lunga citazione tratta da un libro scritto negli anni '70 da un chirurgo volontario impegnato in prima linea in un ospedale del Kenya:
- “Il “bush” (la «brousse» nell’Africa francofona) è per definizione la sterminata campagna incolta del continente africano.
Bush Hospitals (hopitaux de brousse, up-country hospitals, rural hospitals) sono quegli innumerevoli ospedali missionari o statali sparsi nel bush, isolati, separati dalle comunità più grandi da strade malagevoli, sovente da piste impraticabili durante la stagione delle piogge, dotati di corrente elettrica per mezzo di un generatore autonomo a nafta, poveri di acqua potabile.
Il tipico bush hospital ha 50-100 letti, un solo medico, raramente due, e uno staff locale non qualificato, guidato negli ospedali missionari da due, tre religiose europee in genere infermiere diplomate.  Molto raramente è disponibile un apparecchio radiologico.
I compiti e le funzioni del bush hospital sono molteplici:

1) innanzitutto esso è l'unico Pronto Soccorso, l'unico rifugio sanitario al servizio di una popolazione enorme, dispersa su un'area immensa, che ad esso per lo più può arrivare soltanto con lunghi viaggi disagevoli, a piedi, a spalle di un congiunto, su una bicicletta, nel cassone di un autocarro, nella land-rover squassata della Polizia o di un turista di passaggio, su un lentissimo bus. Il bush hospital deve pertanto fare fronte a tutte le emergenze mediche, chirurgiche, ostetriche, traumatologiche, rese usualmente più gravi dal ritardo con cui il paziente arriva e dai disagi del viaggio;
2) in secondo luogo l'ospedale deve curare le malattie acute e croniche che richiedono un riposo a letto, una terapia e un controllo protratto nei giorni, oppure uno studio diagnostico più impegnativo. Per questo necessita anche di un laboratorio al quale può essere destinato il più brillante dei suoi infermieri dopo un periodo di addestramento. Ai malati cronici, quali i tubercolotici ad esempio, si deve assicurare una cura protratta ambulatoriale e domiciliare al termine del ricovero ospedaliero;
3) nello stesso tempo il bush hospital ha una divisione ostetrica a cui affluiscono prevalentemente casi di patologia ostetrica, fra cui le frequentissime emorragie abortive e post-partum, le gravide ad alto rischio, i pregressi cesarei, e poi le donne più evolute della collettività;
4) contemporaneamente gran parte del tempo è assorbito dall'attività di routine dell'ambulatorio ove si cura la più comune frequentissima patologia acuta (malattie da raffreddamento, gastroenteriti minori, esantemi infantili meno pericolosi, ecc.);
5) ma il bush hospital è pure l'unica struttura sanitaria della zona e alla sua gente così lontana deve andare incontro, rendersi più accessibile e disponibile, uscendo periodicamente per i villaggi dei dintorni e offrendo con una ambulanza un mezzo di trasporto per i malati e per i loro congiunti da e per l'ospedale; ancora, all'ospedale di bush è affidata la funzione socialmente più importante, la prevenzione.
Di qui il compito di svolgere un'educazione sanitaria e igienica, insegnando ad esempio le norme della profilassi delle malattie infettive e parassitarie e delle malattie nutrizionali frutto di povertà ma anche di errate abitudini alimentari. Questa attività preventiva si esercita anche nelle visite prenatali alle gravide, nel periodico controllo dei bambini più piccoli (pre-school clinic) e nelle vaccinazioni infantili, nelle vaccinazioni di massa in corso di epidemie.
Questo sommario elenco delle funzioni dell'ospedale di bush e quindi dei compiti del medico che vi lavora e che ne è responsabile dà un’idea della complessità di questo lavoro" (Merlo - "Chirurgia Pratica”).
Pur essendo stato scritto molti anni fa, non vi sembra una bella descrizione di Chaaria, anche se di passi ne abbiamo fatti veramente tanti ed ancora ci sforziamo di migliorare? 

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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