giovedì 3 marzo 2011

Naomi, quasi lapidata ed innocente

Oggi ho dimesso Naomi dopo una settimana di ospedalizzazione. Quando le ho stretto la mano non mi sembrava piu’ la stessa persona incontrata circa dieci giorni fa.
Ricordo con dolore il giorno in cui l’ho vista per la prima volta.
Naomi, sedicenne e studente in una scuola secondaria non lontano da Chaaria, era stata accompagnata al mio ambulatorio da due genitori infuriati.
Naomi aveva il pancione, ed a prima vista sembrava incinta di nove mesi.
Il padre le ulrlava dietro e continuava a dirle che era una sciagurata, che voleva sapere il nome del padre del bambino, perche’ gli avrebbe tagliato la testa.
La madre rincarava la dose, accusandola di aver sperperato i pochi soldi della famiglia, in quanto una gravidanza avrebbe compromesso il proseguimento di quella scuola che stanti sforzi economici era costata.
Naomi era in piedi davanti a noi, con i vestiti un po’ sbrindellati, e con la camicetta della scuola che faceva fatica a contenere un pancione davvero evidente.
Mi e’ venuta in mente quella scena del Vangelo in cui portano a Gesu’ la donna sorpresa in adulterio e gli chiedono se fosse lecito lapidarla, visto che quella era la prescrizione della legge di Mose’. Mi sono sovvenuto anche della risposta di Cristo: “chi e’ senza peccato, scagli la prima pietra”.
Mi ero poi rivolto a Naomi e le avevo chiesto in kiswahili se si ricordava la data dell’ultima mestruazione. Aveva potuto appena sussurrare: “un anno fa!”, prima di essere nuovamente travolta da un attacco iracondo del padre che le ripeteva: “solo gli elefanti ci mettono tanto a partorire... cerca di dire la verita’ almeno al medico”.
A questo punto Naomi si era trincerata in un silenzio totale; era diventata catatonica, guardando fisso il pavimento, mentre le lacrime le scendevano abbondantemente sulle guance.
Avevo capito a quel punto che la situazione era impossibile da gestire, ed avevo chiesto ai genitori furibondi di lasciarci da soli.
Non sapevo bene neppure io cosa fare o cosa dire a Naomi, perche’, da un certo punto di vista papa’ e mamma avevano ragione, avendo pagato altissime tasse scolastiche.
Avevo quindi deciso di prendere tempo per pensare, facendo un’ecografia, che, se non altro, mi avrebbe detto l’eta’ gestazionale precisa... un anno di gravidanza pareva infatti impensabile anche a me.
Senza accorgermi dunque, anche io avevo gia’ giudicato Naomi, ed inconsciamente avevo pensato che lei negasse l’evidenza dei fatti. Vedere quell’enorme addome globoso, quando finalmente Naomi si era distesa sulla barella per l’ecografia, mi aveva convinto ancora di piu’ che di gravidanza doveva trattarsi sicuramente... non poteva essere ascite, in quanto la malata non aveva altri segni clinici di cirrosi epatica, danno renale o insufficienza cardiaca.
Ma l’ecografia era stata una grandissima sorpresa!
Naomi aveva detto la verita’: non era incinta.
L’enorme massa sembrava in realta’ una gigantesca cisti ovarica.


Ed oggi eccola qui, la nostra Naomi. Sono gia’ passati alcuni giorni dall’intervento: senza pancia e’ tornata a sembrare quasi una bambina. E’ contenta e sorride. Anche sua mamma oggi e’ distesa e mi ringrazia per il buon esito dell’operazione.
Tra pochissimi giorni Naomi potra’ rientrare a scuola, e quei genitori potranno quindi avere la tranquillita’ che i loro soldi non sono stati sprecati.
Naomi ha anche avuto la sua rivincita’ emotiva sui genitori, che forse da oggi crederanno di piu’ in lei.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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