giovedì 13 ottobre 2011

Stagione delle piogge

Fa caldissimo ed il cielo e’ stellato; non c’e’ una nuvola in vista, fino al lontano orizzonte. Si avverte invece un’afa incredibile, strana a quest’ora della notte. 
Sono al cimitero insieme a Michael ed ai watchmen, per la sepoltura di una decina di bambini, morti negli ultimi due mesi, ed abbandonati in ospedale. 
Mentre ancora stiamo coprendo con un po’ di terra quei miseri resti mortali che abbiamo or ora depositato nella fossa comune, vediamo lampi silenziosi che si rincorrono sulla linea dell’orizzonte, in direzione di Kiamuri. 
Non si ode il tuono. Dico pero’ ai miei collaboratori: “facciamo in fretta, prima che cominci a diluviare”. “Ma il cielo e’ stellato”, mi dice Michael, ignaro delle piogge tropicali. 
Poi il tuono si fa sentire, e si avvicina a grandi passi. I lampi disegnano saette sempre piu’ luminose ed inquietanti, e a tratti illuminano il cielo come il flash di una enorme macchina fotografica. Poi d’un tratto la bonaccia finisce, ed il vento fa oscillare le cime degli alberi.
Conto i secondi che intercorrono tra il fulmine ed il roboare del tuono. Il tempo si fa via via piu’ breve: “Affrettiamoci a finire. Tra pochissimo piovera’ a dirotto”. 
I watchmen lo sanno, e ricoprono la fossa celermente con le lamiere ondulate. Ecco quindi che in lontananza avvertiamo chiaramente lo scroscio d’acqua sulla campagna, mentre noi siamo ancora all’asciutto. 
E’ come se la pioggia procedesse a scacchi: “forza; corriamo, se non vogliamo essere fradici”. E quindi il vento del temporale, gelido per le nostre latitudini e per l’escursione termica che provoca, si abbatte sulle chiome delle piante, e ne fa cigolare i rami. 
Stiamo ancora correndo quando tonnellate d’acqua si riversano sulla nostra testa. Non gocce di pioggia ma secchiate. 
Dal suolo dapprima siamo investiti dalla polvere rossa che riceve la prima acqua dopo mesi e ci riempie le narici; poi veniamo bagnati dall’acqua che rimbalza a terra. 
E’ come se piovesse di sopra e di sotto. Quasi immediatamente manca la luce e parte il generatore, creandomi nuove ansie per la notte. In un attimo siamo sotto i portici, bagnati come dei pulcini e ora infreddoliti e tremanti alla brezza umida dell’equatore. 
La stagione delle piogge e’ iniziata… puntualissima quest’anno. 
Speriamo che mantenga le sue promesse e ci porti acqua, erba per le mucche e raccolti per la gente. Ci auguriamo che non siano troppo breve, come e’ successo l’anno scorso, quando, dopo due settimane di nubifragi, le precipitazioni sono scomparse prima ancora che il granoturco fosse alto 50 cm. 
Preghiamo anche che non siano esagerate...con alluvioni con possibile nuova perdita dei raccolti. 

Fr Beppe Gaido




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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