sabato 15 ottobre 2011

Una cisti dermoide

Halima e’ una splendida ragazza somala di 26 anni. E’ alta quasi due metri, ed e’ magra e perfetta come una fotomodella.
Non parla una parola di kiswahili, cosa che rende tutto piu’ difficile, dal momento che non abbiamo in questo momento ricoverati di origine somala che possano aiutarci per la traduzione. Riusciamo pero’ a capire che e’ venuta da noi per un dolore addominale basso.
Qui a Chaaria abbiamo una specie di assioma non scientifico che ci porta sempre a pensare che tutte le donne sono gravide, fino a prova contraria; e che tutti i dolori addominali bassi sono in prima ipotesi dovuti ad aborto od a gravidanza extrauterina, fino a che non si riesce ad escludere tali complicazioni. 
Il nostro itinerario diagnostico parte quindi con un test di gravidanza che risulta negativo. La cosa comunque non ci dona il 100% di tranquillita’, dato l’alto numero di falsi negativi, soprattutto in caso di ectopica.
Procediamo quindi all’ecografia pelvica, ed e’ qui che le cose iniziano a farsi complicate: Halima ha infatti una massa liquida che si trova esattamente nello scavo del Douglas. L’ovaio di sinistra ci pare bello e facilmente evidenziabile; mentre a destra l’annesso ci sembra ben visibile, ma non riusciamo ad identificare l’ovaio. La massa e’ tonda, ma non ha le caratteristiche di una cisti ovarica: e’ in parte solida ed in parte liquida; il contenuto pero’ non e’ completamente ipoecogenico come te lo aspetteresti in un cistoma; e’ invece molto corpuscolato come se fosse semisolido. 
La cisti poi e’ fissa ed estremamente bassa nello scavo del Douglas. Quello di cui siamo certi e’ che l’utero non e’ gravido e non dimostra neppure i segni indiretti endometriali di gravidanza ectopica. La massa poi e’ estremamente lontana dall’utero e non puo’ essere un fibroma. Il dubbio ci viene circa una massa del retto (Carcinoma? Leyomioma? GIST?).La visita rettale non aiuta molto. La massa si palpa con il dito esploratore; e’ grande come un pompelmo, ma la mucosa del retto sembra indenne.Procediamo quindi alla rettosigmoidoscopia, che pero’ non ci da’ molti lumi: c’e’ infatti una impronta semisferica sulla parete anteriore del retto a meno di 8 cm dall’apertura anale, ma la mucosa e’ bellissima ed assolutamente normale. Decido quindi di non fare una biopsia che con tutta probabilita’ sarebbe risultata negativa. Infatti pensavo che, qualunque cosa fosse, si sarebbe trovata ad una profondita’ superiore a quella raggiungibile dalla pinza bioptica.Abbiamo quindi optato per la TAC addominale: la scelta e’ stata costosa ma giusta. La radiologa ci ha infatti indirizzati sulla diagnosi di cisti dermoide dello scavo del Douglas. Supportato ed incoraggiato dalla presenza dei chirurghi siciliani, e contando ormai tranquillamente sulla bravura anestesiologica di Cleophus, abbiamo deciso di aprire.Si trattava effettivamente di una struttora cistica di pertinenza dell’ovaio destro. L’ovaio era praticamente distrutto e conglobato nella formazione.
La cisti era molto aderente alle strutture circostanti e molto profonda nella stretta pelvi della paziente longilinea: lo scollamento e’ stato difficoltoso e lungo. C’erano aderenze sul retto, sul sigma e su alcune anse ileali. Ma alla fine l’intervento e’ riuscito benissimo, e la cisti e’ stata estratta intera. Avevamo dei dubbi se mandare il materiale a Nairobi per l’esame istologico, ma, trattandosi di un ricovero gia’ molto costoso, abbiamo pensato di provare ad aprire il pezzo operatorio: anche stavolta la scelta e’ stata giusta. In esso abbiamo rinvenuto sebo, un pezzo di mandibola ed alcuni denti. 
Siamo stati molto felici di questo reperto che ha confermato la diagnosi di cisti dermoide, una formazione assolutamente benigna. 
Halima quindi, dopo il normale periodo post-operatorio, sara’ completamente guarita.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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