giovedì 8 dicembre 2011

Ai volontari riuniti a Noto

Questo scritto vuole essere un segno della mia presenza con i volontari riuniti a Noto per la formazione.
Ringrazio tutti i partecipanti, e soprattutto gli organizzatori, che hanno speso tempo ed energie per rendere possibile tale importante evento associativo.
Gia’ sapete quanta importanza io dia alla formazione, che e’ la chiave di volta per la riusciuta di una esperienza di volontariato a Chaaria.
Per questo ripeto che sono totalmente in linea con tutti i contenuti che saranno proposti nell’incontro.
Ringrazio di cuore Lino e Berenice per aver portato Chaaria nel cuore della Sicilia; insieme a loro ringrazio infinitamente Giuseppe Farnese, torinese di adozione, ma siciliano nel cuore.
Un grazie sincero a Pietro Rolandi e a quanti, come lui, hanno percorso migliaia di chilometri per partecipare a tale importante riunione... d’altra parte un gioiello barocco come Noto merita un viaggetto di 1000 chilometri!
Grazie di cuore a Sr Anna ed a Sr Nicoletta, che hanno lasciato il freddo torinese per il tepore siculo, e che certamente daranno informazioni importantissime per tutti i volontari.
Grazie a Salvo, a Francesca, a Turi, a Vincenzo, ed a tutti coloro che si sforzano giornalmente per portare il messaggio di Chaaria alla Sicilia, fino a poco tempo fa terra inesplorata per il Cottolengo.
Grazie poi a tutti gli ex volontari di Chaaria presenti all’incontro: li saluto con affetto e con nostalgia, sperando di rivederli presto.
Vi do un compito importante: rendete il volontariato a Chaaria sempre piu’ medidionale. Abbiamo bisogno che ci aiutiate a portare il nostro messaggio in tutto il Sud Italia, dove per il passato siamo stati un pochino latitanti.
Ciao. Buon lavoro.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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