martedì 15 maggio 2012

Epidemia di morbillo


In questi giorni abbiamo registrato un numero insolitamente elevato di ricoveri con sintomi tipici di morbillo:
·    rush cutaneo generalizzato
·    febbre altissima
·    congiuntivite
·    eritema dell’istmo delle fauci con Koplik’s spots
·    molto spesso i bambini ricoverati gia’ vengono in condizioni assai gravi per polmonite, che e’ per noi una complicazione frequentissima e spesso fatale
·    qualche volta essi complicano con encefalite
Siccome da alcuni anni il vaccino per il morbillo e’ fornito dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita’), che ha anche posto l’eradicazione del morbillo in Africa tra i “millennium goals” da implementare entro il 2015, ogni singolo caso di morbillo in Africa e’ considerato una epidemia.
Siamo quindi tenuti a fare denuncia alle autorita’ sanitarie governative, che si mobilitano e raccolgono campioni di sangue da mandare al KE.M.RI., il laboratorio di ricerca a Nairobi gestito in partnership dal Ministero per la Salute e dall’ OMS. Entro un mese la diagnosi sara’ confermata.
Per adesso abbiamo creato un isolamento nella stanza che c’e’ dietro alla lavanderia.
Curiamo la febbre con antipiretici, diamo degli anti-istaminici per il prurito, copriamo i bambini con antibiotici per prevenire la polmonite, e diamo la Vitamina A. Uno dei problemi del morbillo e’ infatti il fatto che il virus, oltre che defedare bambini gia’ compromessi, consuma rapidamente le scarse scorte di Vitamina A, causando prima keratite, poi corneomalacia e quindi cecita’ permanente.
Mentre si tratta di una malattia benigna ed autolimitante in Europa, parlare di morbillo in Africa e’ quindi riferirsi ad una condizione morbosa spesso mortale e dalle conseguenze a volte devastanti per i bambini, anche in caso di sopravvivenza. Puo’ complicare con broncopolmonite severa, , diarrea, malassorbimento, malnutrizione, cecita’, gangrena agli arti inferiori, encefalite.
Come per molte malattie virali non ci sono terapie. Ecco quindi l’importanza dell’approccio vaccinale.
Si tratta di una campagna molto difficile da condurre, in quanto il virus del morbillo e’ estremamente infettivo e bastano pochi serbatoi nella popolazione per causare nuove epidemie in caso di abbassamento delle difese immunitarie nella popolazione generale... per esempio nei periodi di alta trasmissione malarica dopo le piogge. Bisognerebbe raggiungere una copertura vaccinale di almeno il 95% della popolazione infantile per avere una immunita’ cosiddetta “di gregge” (herd immunity) sufficiente a prevenire l’insorgere di una epidemia.
Il fatto e’ che il 95% di copertura non e’ praticamente possibile raggiungerlo: molte popolazioni rurali e nomadi non credono nei vaccini ed anzi li temono.
Inoltre, come sapete dalla stampa internazionale, continuamente riceviamo profughi sia dalla Somalia che dal Sud Sudan: si tratta di popolazioni che fuggono da decenni di guerra e che quindi non sono mai stati vaccinati. La situazione dei nostri confini tende quindi a far perdere i traguardi ottenuti non solo nel campo del morbillo, ma anche per esempio in quello della polio e della lebbra.
La differenza di severita’ dell’infezione morbillosa non e’ dovuta a diversi ceppi di virus. Il viris del morbillo e’ lo stesso in tutto il mondo; neppure si conoscono variazioni antigeniche del virus stesso.
La differente morbidita’ (con patologia spesso mortale in Africa e del tutto benigna in Europa) e’, come gia’ detto sopra, legata soprattutto alla situazione immunitaria ed anticorpale dell’ospite ed a fattori ambientali. E’ noto che il virus del morbillo deprime l’immunita’ cellulo-mediata e che lo stesso fa la malaria ed anche la malnutrizione: ecco che quindi i nostri bambini diventamo molto immunodepressi ed esposti a varie altre complicanze infettive (per esempio la TBC che da noi e’ frequentissima).
Inutile dire che, se anche un volontario dovesse contrarre il morbillo a Chaaria, la sua immunita’ e’ tale che egli sviluppera’ il classico morbillo autolimitante che conosciamo in Europa.
Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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