lunedì 25 marzo 2013

Un richiamo delle Nazioni Unite

Nel mondo ci sono più persone che hanno accesso al telefonino di quante invece hanno accesso ad un gabinetto.
Secondo l’ONU, dei 7 miliardi di persone che vivono sulla terra, ben 6 miliardi hanno un telefonino, mentre solo 4.5 miliardi hanno accesso ad un servizio igienico.
L’ONU spera di ridurre della meta’ il numero delle persone senza accesso ad un gabinetto entro il 2015.
Altro problema che l’organizzazione mondiale della sanità (WHO) ha sollevato è il fatto che in Africa molti dei servizi igienici esistenti sono “pit latrines”, cioè semplicemente dei buchi profondi nel terreno. Oggi ci sono timori che tale pratica di costruzione dei servizi igienici porti a contaminazione dell’acqua nel sottosuolo, acqua normalmente usata per usi domestici attraverso l’escavazione di pozzi poco profondi.





Secondo ricercatori americani della George Washington University e della North Carolina State University, ci sono 1.7 miliardi di persone che usano pit latrines, mentre, nella stessa area geografica, ci sono 2.2 miliardi di persone che usano pozzi poco profondi per l’acqua
potabile.
L’India, con il suo miliardo di telefonini, ha anche la percentuale più alta nel mondo di persone senza accesso ad un gabinetto (626 milioni di individui).
La mancanza di servizi igienici adeguati è anche la causa di oltre 750.000 morti ogni anni da malattie a trasmissione fecale-orale.
In Kenya ci sono stati innumerevoli sforzi tesi ad assicurare l’accesso ad una pit latrine o ad un servizio igienico. Milioni di scellini sono stati spesi per costruire pit latrines in molte scuole pubbliche.
Tuttavia l’urbanizzazione e la proliferazione degli slums (baraccopoli) attorno alle città ha causato condizioni di vita non igieniche a motivo della mancanza di servizi igienici.

Fr Beppe Gaido

(Fonte: Daily Nation. Monday March 25th, 2013. article by James Kariuki)

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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