lunedì 15 dicembre 2014

Splenectomia d'urgenza

Sabato scorso, Antony era stato investito da un autoveicolo in corsa mentre attraversava la strada a Meru.
Si era presentato ad una struttura cittadina per il pronto soccorso.
Dopo radiografia, gli avevano diagnosticato una frattura composta di radio ed ulna sinistri.
Era venuto a Chaaria come paziente ambulatoriale perchè aveva bisogno di essere ingessato: infatti quell'altro ospedale non offriva tale servizio.
Sembrava star bene, e non lamentava alcun altro sintomo, a parte il dolore al braccio rotto. Lo abbiamo quindi ingessato e rimandato a casa, in quanto anche a noi sembrava che stesse bene.
Invece è tornato stamattina prestissimo in condizioni veramente brutte: aveva un addome peritonitico che neppure riuscivamo a sfiorare, tanto forte era il dolore che provava; la sua emoglobina era di 4 grammi, mentre la pressione era quasi imprendibile.
L'ecografia urgente ha rivelato una enorme quantità di liquido in addome, che, alla paracentesi esplorativa, è risultato essere sangue.
In regione splenica era evidenziabile un enorme ematoma che non mi lasciava molti dubbi sulla diagnosi: quasi sicuramente eravamo di fronte ad una frattura splenica che probabilmente aveva sanguinato in modo subdolo all'inizio e poi massivo più tardi, quando i sintomi di addome acuto si erano resi evidenti.
Dovevamo correre in sala per una laparotomia d'urgenza, nonostante le condizioni precarie del malato! Se non avessimo fermato in fretta l'emorragia interna, egli sarebbe morto di shock in pochissime ore!


Abbiamo fatto gruppo e prove crociate. Fortunatamente avevamo sangue in frigo. La prima sacca ha iniziato a fluire nelle sue vene ancor prima che Mbabu lo intubasse.
All'apertura dell'addome abbiamo aspirato una quantità di sangue e coaguli corrispondente a non meno di 2500 ml.
Anche il fegato aveva una lacerazione che un po' sanguinava, ma quella enorme quantità di sangue non sarebbe potuta venire tutta di lì.
Il problema era in effetti una milza letteralmente scoppiata all'impatto tra l'automobile ed il ventre del nostro paziente.
L'omento aveva fatto un grande lavoro e si era portato a tamponare abbastanza efficacemente parte del sanguinamento, ma ora per noi costituiva anche un problema in più, in quanto le aderenze che aveva creato erano davvero molto resistenti.
Pian piano abbiamo comunque enucleato la milza e siamo riusciti a fare la splenectomia, chiudendo arterie e vene, e senza causare importanti emorragie. Sono stati momenti molto adrenalinici, ma anche colmi di soddisfazione perchè avevamo la coscienza che stavamo salvando la vita del paziente.
La lacerazione sul fegato sanguinava pochissimo, e, memori dell'assioma chirurgico secondo cui il meglio spesso è nemico del bene, ci siamo astenuti dalla tentazione di suturare ed abbiamo semplicemente applicato delle garze emostatiche.
Abbiamo quindi lavato abbondantemente la cavità peritoneale; abbiamo rimosso i tanti coaguli dalla loggia splenica ed abbiamo richiuso l'addome.
Ora il malato è stabile e sta ricevendo la terza sacca di sangue.
E' la terza splenectomia nella storia di Chaaria.
La prima volta avevo semplicemente aiutato il Dr Luciano Cossu di Cagliari, che aveva operato un malato caduto da un albero.
La seconda volta avevo operato da solo, ed avevo tolto una milza ascessualizzata, pensando però di star operando una cisti pancreatica... e solo alla fine mi ero reso conto che pancreas non era, ma piuttosto milza.
Quella di oggi è la prima splenectomia d'urgenza per rottura splenica e shock da incidente stradale... e l'ho fatta da solo con Makena e lo staff di Chaaria... non avevamo chirurghi italiano esperti a sostenerci! Inutile dire che siamo molto gratificati da come sono andate le cose fin qui.

Fr Beppe Gaido


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....