mercoledì 18 novembre 2015

Miraa: rischi per la salute

Molti in Kenya masticano la miraa: si tratta di un’usanza che e’ stata praticata per molti secoli (Eriksson et al, 1991) tra le popolazioni arabe, somale, etiopi e islamiche in genere, per svariate ragioni.
Alcuni la masticano per “piacere”; altri per aumentare le loro prestazioni sessuali.
Inoltre e’ usata dai guardiani notturni o dai camionisti per mantenere alto lo stato di allerta e per posticipare la stanchezza (Dhadphale et al 1981).
Tra le popolazioni del Meru la miraa e’ intrinsecamente unita a varie tradizioni e culture locali (Kaimenyi and Jorgensen, 1990): e’ importante per esempio durante i negoziati prematrimoniali tra le famiglie degli sposi, durante i riti di circoncisione e durante i funerali.
In certe comunita’ si pensa che la miraa possa guarire 501 malattie diverse: da questo deriva il nome arabo della miraa. La chiamano khat, nome che origina dalla radice gaalt (ga=400; al 100;t=1).
Da tempo si sa che la miraa e’ portatrice di problemi di salute ma la sua restrizione e’ in qualche modo difficile a causa di tali legami ancestrali (East African Medical Journal, 1945).
La miraa ha effetti simili, sebbene meno potenti, della cocaina.


Sappiamo per esempio che l’eccessivo uso di miraa puo’ portare a psicosi acuta, anche se poi si osservano rapide guarigioni con la sospensione della sostanza e con appropriata terapia (Dhadphale et al 1981). 
Masticando miraa ci si sente svegli ed allertati, si tende a parlare troppo, si perde la concentrazione ed a volte la capacità di svolgere certe funzioni meccaniche semplici, si dimentica molto. 
Essa causa anche tachicardia ed aumento della pressione arteriosa, cosa che molti confondono con miglioramento della libido. Per la miraa è in effetti vero il contrario, in quanto essa riduce l’afflusso ematico all’apparato genitale e causa danni seri alla sessualità sia nel maschio che nella femmina. (Kaimenyi and Jorgensen, 1990).
La miraa riduce l’appetito e quindi porta anche a disidratazione: come conseguenza causa anche stitichezza ed a volte gastrite ed ulcere peptiche.
Donne che assumono miraa possono avere bambini “small for date”, e questo puo’ portare ad un incremento di mortalita’ e morbidita’ infantile(Eriksson et al, 1991).
Dal punto di vista odontostomatologico la miraa (unita ai suoi addittivi che sono soprattutto bibite molto zuccherate) e’ stata collegata a scarsa igiene orale, placca, carie e parodontopatia (Njiru, 1999). Pare che sia lo zucchero usato insieme alla miraa e non la sostanza stessa a causare danni dentari.
Studi tesi a valutare una correlazione tra uso di miraa e carcinomi del cavo orale hanno dato risultati inconcludenti; lo stesso dicasi per la relazione tra miraa e carcinoma dell’esofago.

Fr Beppe Gaido

Fonti:
1. J.M. Gatune. Miraa: a healthy chew? AFYA. Volume 32. N.3. 2001.
2. Daily Nation newspaper, Nairobi, 17th February 2000.
3. Dhadphale, M., Mengech, H. and Chege, S.W. (1981). Miraa as a cause of psychosis. East African Medical Journal 58:130.
4. East African Medical Journal (1945) 22:1.
5. Erickson, K.M., Ghani, M.A. and Kastisson, B. (1991). Khat chewing during pregnancy: effects upon the offspring and some characteristics of the chewers. East African Medical Journal 68:106.
6. Hill, C.M. (1987). The oral and dental effects of miraa chewing. Oral surgery 63:433.
7. Issak, A.M. (1999). A comparative study on oral hygiene status and periodontal disease prevalence among the miraa chewers and non-chewers in Korogocho Slums of Nairobi, Kenya. A research project submitted to the Faculty of Oral Health, KMTC, Nairobi. Unpublished.
8. Kaimenyi, J. and Jorgensen, E. (1990). The status of periodontal health and oral hygiene of miraa (cathaedulis) chewers, East African Medical Journal 67:8.




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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