martedì 17 novembre 2015

Le fratture esposte

Sono uno dei problemi clinici di più difficile soluzione. La maggior parte delle volte si tratta di fratture esposte degli arti inferiori, dovute per lo più a traumi della strada causati da mototaxi

spericolati, stracarichi di passeggeri e vettovaglie, e soventeguidati da adolescenti senza patente.
Un osso esposto alla sporciza della strada e magari fuoriuscito da margini di cute maciullata e contusa, costituisce per me un grandissimo grattacapo, perchè l'osteomielite, difficilissima da curare, è una complicazione pressochè certa.
Mettere placche o chiodi endomidollari per la fissazione interna di tali fratture è in genere controindicato perchè esse stesse costituiscono una porta di ingresso dell'infezione.
Ricorriamo quindi ai fissatori esterni, tecnica per noi abbastanza nuova e con non poche incognite a motivo della nostra inesperienza.
Ma è l'unica cosa da fare: bisogna ridurre la frattura il meglio possibile e poi affidare la stabilità dell'osso ad un fissatore lungo abbastanza da permettere alle fish di penetrare nell'osso in aree lontane dalla zona esposta e quindi dal possibile focolaio di infezione.
Poi bisogna prendersi cura della cute e dei tessuti molli, ma anche lì siamo su un terreno minato: i tessuto molto contusi, magari a motivo di un trauma da scivolamento sulla strada, sono poco vitali, e non è raro che una sutura pian piano si riapra e che un'ampia area diventi necrotica e si stacchi via. Quando questo accade per una frattura esposta di tibia, allora sono davvero guai seri, perchè si espone ampiamente l'osso, e prevenire l'osteomielite diventa un miracolo.



Bisogna fare degli ampi lembi cutaneo muscolari per ricoprire l'osso, ma per adesso io non ne sono capace. Questi pazienti stanno quindi in reparto, medicati giornalmente e tenuti il più asettici possibile nell'attesa che arrivi Toto, il nostro chirurgo plastico dalla Sardegna, il quale in genere è in grado di fare acrobazie pazzesche con i lembi e riesce a ricoprire ossa per cui avevamo già gettato la spugna da tempo.
L'altro dramma delle fratture esposte e infette è costituito dal fatto che sovente i monconi non si saldano, anche per mesi e mesi.
Ho in reparto un polifratturato con fissatore esterno che ancora ha un brandello di tibia esposta dopo 3 plastiche a zeta, tutte andate male: la frattura è di un anno fa!
Ne ho un altro che è a casa, ma ha anche lui i fissatori esterni da quasi un anno per una frattura esposta di femore. Apparentemente non ha infezione, ma le ossa non vogliono saperne di saldarsi.
Questi sono solo esempi dei giganteschi problemi ortopedici che quotidianamente dobbiamo affrontare.
Ecco perchè mi sento di incoraggiare chirurghi ortopedici che volessero aiutarci a Chaaria a farsi vivi, a contattarmi ed a venire.
Abbiamo sì il nostro maestro e mentore, il Dr Luciano Cara che viene a Chaaria due o tre volte all'anno, ma ormai la domanda è così elevata (soprattutto per la traumatologia), che avremmo bisogno di un ortopedico qui in pianta stabile.

Fr Beppe




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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