venerdì 1 gennaio 2016

Florah oggi sta meglio

Era arrivata da noi il 30 dicembre con un enorme pancione che pareva suggestivo di gravidanza al nono mese.
Florah era minuta, bella anche se sciupata da una malattia finora sconosciuta; la sua faccia così giovane mi ha incoraggiato a chiederle quanti anni avesse.
"Ne ho 18", è stata la risposta. La sua storia clinica è molto complessa. Il pancione non è dovuto a gravidanza, ma, secondo medici di altri ospedali, ad una ascite che pare non rispondere alla terapia. L'hanno trattata prima con farmaci per la cirrosi epatica e poi, dopo aver fatto un esame citologico sul liquido addominale, hanno pensato ad una peritonite tubercolare. In realtà il citologico non ha visto micobatteri, ma è risultato sì e no suggestivo di essudato. Probabilmente sanitari dell'altro ospedale si sono fatti impressionare anche da una VES superiore ai 100.
Ma anche la terapia antitubercolare non aveva ottenuto alcun miglioramento e la distensione addominale continuava a crescere. La mamma di Florah ha deciso di rivolgersi a Chaaria, con la solita illusione che qui siamo capaci di risolvere i problemi insolubili.
Per primissima cosa ho rifatto un'ecografia, ma quello che ho visto non collimava affatto con le diagnosi precedenti. Osservavo sì del liquido addominale molto denso, ma in esso non vedevo ballonzolare le anse intestinali, come mi aspetterei invece nel caso di ascite.



L'intestino non lo vedevo affatto, e la mia ipotesi è stata che fosse schiacciato verso la schiena da questa enorme massa liquida, che obiettivamente presentava una parete, purtroppo decisamente irregolare ed un tantino sospetta.
Ho proposto a Florah ed alla mamma di fare una TAC addominale per chiarire meglio che con l'eco di che cosa si trattasse, ma loro mi hanno detto chiaramente di non poterselo permettere. Rimaneva allora sulle mie spalle la decisione sui prossimi passi: mi sono progressivamente convinto che Florah avesse una enorme cisti ovarica, e che questa fosse la ragione per cui non c'era stato miglioramento con la terapia per la cirrosi e con quella antitubercolare. La VES mi preoccupava molto perchè a quei livelli potrebbe essere una possibile indicazione di tumore maligno.
Considerata la situazione economica di Florah, l'unica cosa seria da fare mi è sembrata una laparotomia esplorativa: aprire quella pancia e vedere di cosa si trattasse.
La sua mamma ha subito accettato perchè non aveva possibilità economiche per altre indagini diagnostiche più costose. Abbiamo operato ieri mattina; si trattava in effetti di  una enorme cisti ovarica, purtroppo estremamente attaccata all'intestino.
La rimozione è stata lunga e laboriosa, ed ora attendiamo il risultato dell'esame istologico...qualche dubbio ce lo abbiamo che non si tratti di una bella condizione.
La giovane età ci dovrebbe incoraggiare verso una diagnosi di benignità, ma ormai a Chaaria abbiamo visto tumori maligni in persone giovanissime, e sovente anche in bambini.
Ci turbano notevolmente, sia la VES ancora elevata, sia una febbre persistente nel post-operatorio, sia una anemia importante con emoglobina di 6 grammi.
Le prime ore dopo l'operazione sono state molto difficili per Florah, ma stasera l'ho trovata più distesa, senza dolore e sfebbrata.
Ora sono più ottimista sul decorso...ieri ho addirittura temuto di perderla!
E poi, che Dio gliela mandi buona: speriamo che quanto le abbiamo tolto non sia maligno!

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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