mercoledì 13 febbraio 2019

Da una volontaria

Carissimo,

un mese fa ti dissi che ti avrei scritto dopo qualche giorno e invece, di giorni ne son passati più di 30!
Come stai? Come stanno procedendo le cose a Chaaria?
Ora che è trascorso un po' di tempo e che ho avuto la possibilità di digerire alcune cose e di custodirne altre, mi rendo conto di quanto il "grazie" che ho detto a te e ho detto, in generale, a Chaaria, è insufficiente per esprimere la grandezza dell'esperienza vissuta.
Per prima cosa ci tengo a domandarti scusa se ti son sembrata distaccata o se non ho cercato dei momenti di incontro con te.
Da un lato questo è dipeso dal fatto che, anche se non sembra, io davvero son timida e non riesco a prendere troppe iniziative di incontro.
Dall'altro lato mi rendevo conto che le tue giornate iniziavano all'alba e finivano a notte fonda e che tu, quasi in ogni istante, avevi a che fare con la vita e con la morte, e quindi mi sentivo davvero fuori luogo all'idea di cercarti per... per cosa? Per chiederti di raccontarmi di
Chaaria? Per domandarti come era bene comportarmi o non comportarmi? Come era bene relazionarmi con le persone?


Mi rendo conto che non chiedendoti ho forse commesso degli sbagli e me ne scuso ma, davvero, al fondo di tutto c'era solo un desiderio di "servire" senza disturbare.
Ora, a parte questo, ciò che più conta è il GRAZIE che mi sgorga nel cuore ogni volta che penso a voi (ovvero ogni giorno mille volte al giorno!).

Concludo solo dicendoti grazie per il dono della tua vita, grazie per aver "messo al mondo" Chaaria. Grazie per averla fatta crescere e grazie perché la doni anche a tutti noi volontari.
Una sera, mentre eravamo insieme, ci dicesti che stavi pensando di chiudere un po' le porte ai volontari per tutta una serie di motivi che, davvero, mi son sembrati ragionevolissimi.
Posso però dirti che il fatto che tu mi abbia aperto la porta (nonostante tutti i calci nel sedere che ti sei preso e ti prenderai dai alcuni volontari), a me ha cambiato la vita. Davvero Beppe, lo ha fatto.
Non mi hai permesso di crescere professionalmente né di fare una esperienza strappalacrime insieme ai poverelli.
No no. Nulla di tutto questo.
Mi hai dato l'opportunità di sbloccarmi nel cammino di fede e di comprendere nella carne cosa è e come si vive il Vangelo.
L'ho visto nei poveri.
L'ho visto nei malati.
L'ho visto in te.
L'ho visto nei buoni figli.
L'ho visto in Kelvin.
L'ho visto a Chaaria.
Il tuo aprirmi le porte di Chaaria ha permesso al Signore di compiere un miracolo nella mia vita.
Mica salvi la vita solo dei pazienti, eh?
La salvi anche alle volontarie incapaci che hanno vissuto per un mese un rapporto conflittuale con i cateteri ma che si son fidate... grazie a te!
Un abbraccio.

Valentina

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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