domenica 17 agosto 2008

Impegnarsi serve - Consolata di Torino

Alcuni giorni fa sono passati da Chaaria dei giovani torinesi che fanno parte di un progetto dei Missionari della Consolata, finalizzato a finanziare delle attivita’ di prevenzione e terapia per l’HIV in Africa. Sono molto contento del fatto che ci abbiano messi nel loro piano di azione. Vedremo se poi nascera’ qualche collaborazione concreta. Vi trasmetto alcune delle loro domande a cui ho cercato di dare una breve risposta:

1. Qual’e’ la prevalenza dei pazienti HIV positivi tra I ricoverati?
Qui la prevalenza dei pazienti HIV positivi e’ di circa il 10 %.

2. Quanto costa sottoporsi al test per l’HIV?
E’ un test del tutto gratuito.

3. Esistono programmi di prevenzione e screening?
Si’. Al Cottolengo Missiopn Hospital ci dedichiamo soprattutto alle donne, ai giovani in eta’ scolare e alle gravide. Per quanto concerne lo screening, viene proposto a tutte le gravide che frequentano la nostra clinica. Inoltre eseguiamo il VTC (Volontary Counseling and Testing) per quanti lo richiedano; anche in questo caso e’ tutto gratuito.

4. Quali terapie vengono utilizzate? I farmaci sono a pagamento?
Le terapie in uso sono:
ART = Anti Retroviral Therapy (Nevirapina, Lamividina, Stavudina; oppure Lamividina, Stavudina, Efavirenz; oppure Lamividina, Stavudina, AZT.)
La terapia preventiva per i neonati consiste nell’associazione di Nevirapina e AZT.
Le terapie antiretrovirali sono tutte gratuite.

5. Qual’e’ il programma per una donna HIV positiva nel momento in cui decide di avere un figlio?
Noi sconsigliamo la gravidanza alle donne a conoscenza della loro positivita’.
Per quanto riguarda invece le donne gia’ gravide, suggeriamo ARV dopo il primo trimestre, fino alla fine dell’allattamento (che ha una durata di 6 mesi).
Il neonato riceve terapia preventiva con Nevirapina e AZT. Al compimento del primo mese di vita si testa la PCR per valutare la positivita’ del neonato.
Se il bambino e’ negativo, si ripete la PCR a sei mesi di eta’, dopo la sospensione dell’allattamento e si continua il follow up fino ai 18 mesi, quando diamo alla mamma la notizia del successo del programma di prevenzione nei confronti del neonato; se il bimbo e’ positivo alla PCR al primo mese di vita, si inizia la somministrazione di ARV.
La mamma sara’ sottoposta alla valutazione dei CD4 dopo i sei mesi di allattamento.
Se i CD4 materni sono > 200, la donna fara’ solo prevenzione con Bactrim; se sono < 200, continua l’ ART per tutta la vita.

6. Le persone ricoverate sono sottoposte di routine al test per l’HIV?
No, I pazienti ricoverati non sono sottoposti di routine al test per l’HIV. Il test viene eseguito in presenza di un dubbio clinico, e sempre dopo counseling. Questo e’ dovuto anche al fatto che, i kits che ci vengono forniti dal governo sono sempre abbastanza misurati.

7. Le persone che arrivano in ospedale, a quale stadio di malattia sono?
Nella clinica ambulatoriale abbiamo molti pazienti allo stadio II dell’OMS. Al momento del ricovero sono normalmente allo stadio III o IV OMS, cioe’ sono molto gravi, incapaci di stare in piedi e di alimentarsi.

8. Esiste un reparto o un centro che si occupa esclusivamente di questi pazienti?
Qui al Cottolengo Mission Hospital, abbiamo un ambulatorio dedicato esclusivamente all’HIV, dove si fanno counseling e terapia per coloro che chiamiamo outpatients.
Per quanto riguarda I ricoveri ospedalieri, abbiamo evitato il reparto HIV. I malati HIV positivi sono ricoverati con gli altri poiche’ riteniamo che un reparto separato possa stigmatizzarli e possa creare un clima di pregiudizio nei loro confronti, con il risultato che tutti nel villaggio saprebbero che coloro che vengono ammessi in quell reparto sono di fatto malati di AIDS.

Grazie per avermi intervistato.
Fr Beppe.


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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