sabato 22 maggio 2010

Lettera di Colline e di Ugo Montanari

Carissimo Ugo,
Ti voglio parlare un po’ della mia vita, anche per dirti grazie di tutto quello che fai per me.
Sono sempre stata una persona non desiderata per i miei genitori. Infatti sono nata da una relazione che poi non e’ continuata nel tempo. Non conosco neppure chi sia mio padre.
Quando mia madre ha trovato un altro uomo che pareva volesse sposarla, si e’ trovata di fronte ad una scelta: il suo nuovo “amore” le ha detto che l’avrebbe accolta si’... ma senza figli di precedenti relazioni.
E cosi’, all’eta’ di 6 anni, sono stata affidata a mia zia, la quale e’ effettivamente diventata la mia mamma fino ad oggi.
Questa situazione mi e’ pesata tanto, ed ha indubbiamente creato non poche difficolta’ al mio cuore di bambina prima e di adolescente poi: mi sono sentita abbandonata, rifiutata, buttata nelle immondizie.
Non che mia zia non mi volesse bene, ma io l’ho sempre saputo di non essere sua figlia.
E poi di tanto in tanto vedo ancora mia madre, che nel frattempo ha avuto altri tre figli dalla nuova relazione... ma non riesco a perdonarla. Per me e’ gia’ tanto se ce la faccio a salutarla civilmente, senza urlarle dietro e senza insultarla.
Anche studiare per me e’ stato problematico.
La zia ha sempre fatto tanto, e piu’ o meno ha sempre pagato le tasse scolastiche in tempo... ma qualche volta non ci e’ riuscita, ed io ho dovuto subire l’umiliazione di essere mandata via dalla scuola per “debiti” con l’amministrazione.
Poi sei arrivato tu, e la situazione e’ diventata piu’ rosea, perche’ non abbiamo piu’ avuto l’angoscia di continuare a cercare i fondi per pagare la retta scolastica.
Nove mesi fa sono rimasta incinta.
Avrebbe potuto essere disastroso, ma ho mantenuto fede alla promessa che ti avevo fatto di non deluderti.
Ho sempre frequentato, ed i professori sono stati molto comprensivi. Non mi hanno sospesa, ed ho studiato come semiconvittore: cioe’, invece di dormire a scuola, andavo a casa alla sera verso le ore 17. Sono infatti iscritta ad un istituto che si trova a poche centinaia di metri da casa nostra.
Ieri ho dato alla luce una bellissima bambina, sana e robusta. E’ stato un parto normale, senza complicazioni.
Ne sono molto felice, soprattutto perche’ mia figlia e’ nata da una relazione stabile. Non si tratta di una scappatella con compagni di scuola che ora potrebbero rifiutare di riconoscerne la paternita’. Ho infatti un fidanzato, e sono gia’ stata presentata ai suoi genitori. Loro mi hanno accolta nella loro famiglia, e dopo la scuola ci sposeremo.
I professori ora mi hanno detto di rimanere a casa un mese intero per l’allattamento... e poi di ricominciare a frequentare regolarmente, in modo che io non perda l’anno e sia in grado di affrontare l’esame finale regolarmente, insieme agli altri candidati, per il mese di dicembre.
Te lo scrivo perche’ penso che sia bello che tu lo sappia direttamente da me. Io sono molto felice; forse adesso la mia vita di “orfana di fatto” prendera’ un’altra piega, ed anche io diventero’ una rispettata donna-sposata della societa’ rurale del Meru.
Ti ripeto la mia promessa di non deluderti.
Mi dividero’ adeguatamente tra la mia bambina ed il dovere dello studio; ed affrontero’ l’esame finale con coraggio e determinazione.
Certo, per ora non penso di continuare ulteriormente gli studi. Mi basta la scuola superiore che per me costituisce gia’ il conseguimento di un sogno tante volte apparsomi soltanto un miraggio... ora il miraggio e’ a portata di mano anche grazie a te!
Saro’ una buona mamma ed una moglie fedele... e tu rimarrai nel numero delle persone che hanno contribuito grandemente alla mia felicita’.

Colline Ichilio
 

Oggi Ugo ha risposto subito a Colline ed ecco la sua letterina....


Cara Colline, che dire?
Prima di risponderti devo dirti anch'io un po' della mia vita, così mi capisci meglio.
Sono uno mzungu di sessanta anni, un po' vecchio e molto grasso che non ha mai avuto grossi guai nella vita e che non ha mai fatto grandi cose nella vita: lavoro, faccio il medico da 35 anni, ho tre figli a cui voglio molto bene, una sola  moglie (qui in Europa si usa così... ma è già difficile sopportarne una, figurati di più!) e due nipoti nati dalla mia prima figlia.
Anche se non ti conosco e probabilmente non ti conoscerò mai, ti voglio davvero molto bene, come se fossi una mia nipote che abita lontano  e ti penso spesso.
Perciò tu non potrai mai deludermi: sei dolce, sei brava, ti impegni... anche se alla fine non riuscissi ad attenere il titolo di studio non è molto importante.... per me è molto più importante che tu ti senta amata da qualcuno (e fra questi, credimi, ci sono anch'io), e che tu non  abbia problemi economici e di salute in modo che la tua vita possa scorrere serena.
Credo anch'io che sia triste e faccia piangere non sentirsi amata da piccola e non essere accudita dai genitori...e nessuno potrà restituirti queste cose che ormai la vita ti ha tolto...
... ma il passato non c'è più : jana imekufa.... oggi hai persone che ti amano ed un minimo di serenità economica, oggi hai "aperto la mente" perché stai studiando ....e soprattutto oggi hai un piccolo angelo (malaika mdogo) che è il tuo bambino.
Ti auguro che ti riempia la vita come i miei figli hanno riempito la mia e ti auguro di cuore che l'uomo con cui l'avete concepito sappia regalarti e regalarvi l'amore che meriti e vi meritate.
Ripeto, non preoccuparti per la scuola, dedicati al tuo cucciolo e goditi questi momenti.... e se  pensi che posso esserti utile in qualche altra cosa dimmelo pure: se posso cercherò sempre di accontentati.
Ricordati che qui, a seimila chilometri da casa, hai uno zio pallido, grasso e vecchio che ti vuole tanto bene.
Quando vuoi e puoi scrivimi, perché mi fai contento.
Ciao
 
Ugo kiboko
 
 
P.S.: come hai chiamato il bambino ?
 
P.P.S.: tu parli kiswahili o kimeru?

 

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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