venerdì 16 luglio 2010

Erick Muthomi

Carissimi amici e benefattori,
con questa semplice lettera desidero ancora una volta esprimere il mio ringraziamento per tutto quello che avete fatto, e continuate a fare per me.
Come sapete, io sono orfano di entrambi i genitori. Ho una sorella di nome Lillian, pure lei sponsorizzata dalla vostra generosita’.
Non ho praticamente conosciuto mio papa’, perche’ e’ mancato quando ancora non ero in grado di comprenderne la portata.
Ho quindi sempre vissuto con la mia mamma, che lavorava al Cottolengo Mission Hospital, ed era da tutti conosciuta come “mama Erick”.
Nella nostra cultura infatti le donne amano farsi chiamare con il nome del primogenito. E’ quasi come se la maternita’ costituisca una nuova identita’ per la donna africana che riconosce in essa la piu’ alta espressione ed il coronamento della propria femminilita’.
Se poi anche una madre avra’ altri figli, essa sara’ pero’ sempre conosciuta con il nuovo nome che le viene dalla maternita’ del suo primogenito.
Mama Erick era benvoluta presso il Cottolengo, e, quando si ammalo’ e rapidamente mori’ ormai dieci anni orsono, i Fratelli della comunita’ hanno adottato sia me che mia sorella, cercando sempre per noi degli sponsor che si sono via via succeduti negli anni.
Grazie alla generosita’ di questi buoni samaritani, che per umilta’ mi han chiesto di non essere citati per nome, io sono riuscito a terminare le superiori, mentre mia sorella ancora le frequenta: sta finendo il primo anno delle “secondary”.
Sono molto felice perche’, pur avendo sperimentato tanto dolore nella mia vita, ho anche percepito la presenza di Dio Padre che non mi ha mai abbandonato, e mi e’ sempre stato vicino, soprattutto attraverso le persone buone che mi hanno permesso di crescere e di studiare, al di la’ del fatto che neppure i miei parenti si siano mai presi veramente cura di noi.
A volte e’ triste ma realistico rendersi conto che in famiglia non sempre trovi delle persone che ti vogliono bene... ma quando si chiude una porta, Dio apre un cancello... e questo siete stati voi, cari donatori.
Come vedete dalla foto, ho in mano la lettera di ammissione ad un corso di “business” presso una Universita’ del Kenya. Anche questo traguardo, che sembrava un puro miraggio qualche anno fa, e’ ora a portata di mano... ed ancora una volta i soldi per le rette scolastiche vengono da voi, e non dalla mia famiglia.
Studiero’ con grande impegno e cerchero’ di non deludere chi si sacrifica per me inviandomi del denaro.
La mia condizione di orfano mi ha reso abbastanza maturo, e lo so bene che neppure in Italia i soldi crescono sugli alberi come le albicocche.
Mi rendo pure conto che moltissime volte non sono i ricchi a fare le offerte piu’ generose, ma i poveretti che “tirano la cinghia” per far posto anche per me alla loro tavola.
Per questo e’ mio dovere non deludere chi mi permette di studiare... e certamente mi impegnero’ al massimo.
Il corso iniziera’ il 6 settembre a Meru.
Per esprimere la mia gratitudine alla comunita’ religiosa del Cottolengo, che tanto ha significato nella mia infanzia ed adolescenza, ho deciso di fare del volontariato presso l’ospedale fino al giorno in cui riprendero nuovamente gli studi.

Erick Muthomi e Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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