lunedì 25 ottobre 2010

La giornata missionaria mondiale

Ieri la Chiesa ha celebrato la giornata missionaria mondiale, e molte persone ci hanno scritto per assicurarci la loro preghiera. Ringraziamo ognuno di loro per l’affetto e per l’amicizia.
Mi ha colpito molto il brano evangelico che la liturgia domenicale ci ha offerto ieri.
Mi e’ sembrato un buon programma di vita per tutti i missionari... anche per i volontari che condividono i nostri ideali di servizio e di donazione al Signore.
Il brano a cui mi riferisco parla del Fariseo e del Pubbliano (.....)
Il messaggio che ho colto da tale Vangelo nell’occasione della giornata missionaria mondiale e’ stato un invito all’umilta’, che chiedo al Signore per me e per tutti i missionari.
Il Pubblicano e’ tornato a casa giustificato non tanto perche’ era un peccatore, ma per il fatto che e’ stato umile: lo sapeva di essere un poco-di-buono; ha riconosciuto la sua indegnita’ di fronte a Dio... e soprattutto non ha espresso parole di giudizio nei confronti degli altri.
Credo che il Pubblicano abbia veramente peccato molto: infatti gli esattori delle tasse ai tempi di Gesu’ erano considerati ladri, imbroglioni, “venduti” al potere di occupazione. Eppure il Vangelo ci dice che e’ tornato a casa perdonato, in forza della sua umilta’, del suo abbandono alla misericordia di Dio e del fatto che si e’ astenuto dallo schiacciare gli altri con pensieri e parole destruenti.
Il Fariseo invece e’ tornato a casa con tutti i suoi peccati.
Eppure, dal punto di vista formale, era certamente migliore del Pubblicano: osservava tutte le prescrizioni della legge e della religione; non era ne’ ladro ne’ imbroglione.
Il suo problema era la superbia ed il giudizio senza pieta’ nei confronti del prossimo.
Era un giusto, ma pensava che la sua giustizia formale gli avrebbe acquistato il Paradiso. Il Paradiso pero’ non ce lo possiamo comprare con le nostre opere buone.
Il Paradiso e’ un dono di Dio. Non esiste alcun contratto commerciale tra noi ed il nostro Creatore: Lui non ci deve niente, in considerazione delle nostre virtu’.
Il Fariseo era troppo sicuro di essersi comprato un Paradiso, da cui invece veniva costantemente allontanato proprio dalla sua superbia.
Gia’, la superbia dei credenti!
Si sentono spesso superiori ai comuni mortali che sono – a loro parere - dei tizzoni d’inferno, e che per questo possono essere disprezzati.
La superbia porta il Fariseo anche ad un altro peccato che e’ cosi’ comune tra i “buoni cristiani”: quello del giudizio.
Il Pubblicano non fa cenno al Fariseo nella sua preghiera, mentre quest’ultimo lo addita come un esempio di quello che non dobbiamo essere davanti a Dio.
Conosco tanta gente che e’ cosi’ impegnata a giudicare l’operato degli altri, da non aver piu’ tempo per pensare alla propria anima: sono sempre pronti alla correzione fraterna, e desiderano sempre “togliere la pagliuzza dall’occhio del loro fratello”, mentre non riescono a prendere coscienza della “trave” che hanno nel proprio.
In questa giornata missionaria mondiale chiedo a Dio il dono dell’umilta’.
Gli chiedo di aiutarmi a riconoscermi sempre peccatore, bisognoso della sua quotidiana dose di misericordia, se voglio sperare di accedere al Regno dei Cieli.
Domando poi al Signore di aiutarmi a non giudicare il mio prossimo. Lo prego di “tagliarmi la lingua” tutte le volte che mi viene la tentazione di parlare male di qualcuno, anche perche’ lo so che normalmente io sono peggio degli altri, e semplicemente non ho coscienza del fatto che faccio le stesse cose per cui ho parole di accusa nei loro confronti.
Credo che, se arrivassi a questa capacita’ di essere umile e di non giudicare, avrei fatto un grande passo avanti nella mia vita di missionario.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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