Riflettendo su tanti miei comportamenti, pensavo che la parte piu’ difficile di questo insegnamento di San Paolo fosse la seconda: e cioe’ essere capace di condividere la sofferenza di chi e’ nel dolore e nella tribolazione.
Mi sono pero’ reso conto che, alla fin della fiera, questo e’ anche relativamente possibile, perche’ il dolore in qualche modo va sempre a toccare le corde piu’ emotive del mio cuore.
Ecco quindi che rimango impressionato e sentimentalmente coinvolto quando vedo un bambino africano con la pancia gonfia a causa dei vermi, o quando assisto a scene tremende come quelle dei disastri recentemente avvenuti in Indonesia: chi potrebbe rimanere insensibile al dramma di una popolazione gia’ provata dallo tzunami nel 2004 ed ora nuovamente massacrata dallo stesso tremendo evento naturale e da una eruzione vulcanica!
Ma mi rendo conto che gioire con chi gioisce e’ piu’ difficile ancora: implica la capacita’ di volersi bene in modo disinteressato, di non essere gelosi gli uni degli altri, di non avere preconcetti nei confronti del prossimo.
Essere felice per il successo di un mio amico o conoscente, necessariamente implica che non sono in competizione con lui, che non pretendo di essere migliore di lui, che non provo soddisfazione (piu’ o meno inconsciamente) quando le cose gli vanno di traverso.
Essere sinceramente contenti dei traguardi degli altri e’ un grande segno dimaturita’, che indica per altro un cuore in pace con se stesso e con gli altri.
Quando nel mio intimo provo rabbia per le cose andate bene ad un amico, prima di tutto dovrei vergognarmi di me stesso perche’ lo so che e’ un sentimento indegno... ma nello stesso tempo devo ammettere che questo sentimento sovente lo coltivo; e la ragione e’ semplicemente una: sono molte volte prigioniero della mia gelosia, anche quando predico a caratteri cubitali l’amore fraterno come Gesu’ stesso ci insegna.
Non e’ un problema solo mio. Basta sfogliare la Bibbia per rendermi conto che il mio e’ un problema vecchio quanto il mondo:
Caino ha ucciso Abele perche’ “le sue opere erano buone”.
Giacobbe ha rubato la benedizione del padre al fratello Esau’ usando l’inganno.
I concittadini di Gesu’ non hanno voluto credergli, e se ne sono andati delusi, ripetendosi “da dove viene tutta questa sapienza... non e’ costui il figlio del carpentiere?”.
Naturalmente in questa riflessione mi riferisco soltanto a me. E’ una meditazione ad alta voce.
Spero che pian piano io potro’ migliorare ed essere meno geloso.
Vi lascio una bella foto scattata a Chaaria: e’ la chioma di un albero estremamente spinoso. Ma dietro tutte queste spine c’e’ un cielo blu che ti mozza il fiato. Ho scattato questa foto pensando che le spine sono sovente i nostri limiti, i nostri fallimenti, le nostre delusioni, tutte le sofferenze che la vita porta con se’.
Ed ho meditato sul fatto che, se abbiamo l’umilta’ di accettare le prove, e di guardare oltre gli spunzoni che spesso ci scarificano e ci fanno sanguinare, possiamo giungere ad orizzonti molto piu’ vasti e stupendi... e per un credente a quella comunione con Dio che e’ la nostra pace.
Fr Beppe Gaido
Nessun commento:
Posta un commento